Innanzitutto, nessuno ha ancora capito come si pronunci: Lugaro con l’accento sulla prima sillaba, oppure sulla seconda? E poi non è di immediata comprensione cosa rappresenti o indichi tale toponimo.
Alla prima risposta non sappiamo dare una risposta, alla seconda sì, grazie all’aiuto dei libri: Ernesto Lugaro fu uno psichiatra- neurologo vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, nato a Palermo e morto a Salò.
Ma cosa c’azzecca con Torino? Dopo aver insegnato alle università di Sassari, Messina e Modena, nel 1910 riuscì primo nel concorso per la cattedra di Clinica Psichiatrica che si tenne nel capoluogo subalpino e così si trasferì in città dove nel 1927 gli venne affidato anche l’incarico di Neuropatologia che mantenne sino al 1934. Nel 1935, in conseguenza della fusione delle due cattedre, diventò professore di Clinica delle Malattie Nervose e Mentali.
In ambito psichiatrico invece i suoi studi si interssarono in particolare alle allucinazioni e pseudoallucinazioni, al cretinismo e alla pazzia morale.

In via Lugaro non ci passa per caso, decentrata com’è (trattasi di una breve parallela di via Nizza e della ferrovia immediatamente prima del cavalcavia di corso Dante, proveniendo dal centro). Però la si vede sullo sfondo, non particolarmente allegra, se si transita invece nelle (leggermente) più vivaci vie Argentero, Brugnone (quella dell’oratorio del Sacro Cuore di Gesù) e Rosmini.
Una via, anzi una micro zona, che negli ultimi anni è piuttosto cambiata in meglio grazie alla nuova sede di biotecnologia, dove un tempo c’era la facoltà di Veterinaria, e in peggio per la chiusura dello storico liceo Rosmini.
Una strada con qualche complesso residenziale anni Settanta che gravita per lo più sul tratto corrispondente di via Nizza, dove resistono, tra gli altri, l’utensileria Matteoda, il girarrosto e la farmacia Rittatore (che in realtà si è spostata di qualche metro), mentre han lasciato solo un ricordo di sé la pasticceria leggermente rientrante, il piccolo negozio di dischi, Michele il camiciaio, la concessionaria Citroen, Aicardi sport.

La via, in sè, è un po’ un guazzabuglio di architetture, altezze ed esercizi diversi: con lo sfondo dei vecchi Docks da decenni in disuso (a proposito: quando la città si deciderà al loro riutilizzo?), ecco, qua e là, palazzine un po’ anonime, una scuola materna, vecchi uffici (delle ferrovie?), un ampio deposito all’aperto, la ciminiera di una vecchia fabbrica e l’ex sede decentrata del San Paolo, che presto dovrebbe cambiare destinazione: chissà che effetto fa vivere o lavorare da queste parti. Alle spalle, la rassicurante sagoma della chiesa con il cinema Cuore, fonte di ricordi intrisi di gioie ma anche di qualche malinconia perchè “panta rei”, cioè tutto passa…

di Maurizio Ternavasio, rubrica “Questa è la mia città”, La Stampa (07/10/2011)

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