[fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][Fotografia da www.comune.torino.it/scatTO]

Ferragosto, Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, Pasquetta, 25 aprile e, naturalmente, il 1° maggio. Per i negozi di Porta Nuova ogni giorno è uguale a un altro. Per chi ci lavora cambia solo lo stipendio a fine mese, che aumenta un pochino, se tutto va bene. Altrimenti la routine è la stessa. Sveglia al mattino presto e di corsa alla stazione a tirar su la serranda: c’è da tenere aperto il fortino del lavoro “non-stop”, l’unico luogo in tutta la città che è operativo 365 giorni l’anno, senza eccezioni.

Del resto, Grandi Stazioni, l’azienda delle Ferrovie che gestisce i principali scali d’Italia, non lascia possibilità di scelta e ai negozi che vogliono insediarsi lo dice chiaramente: dovete garantire il servizio per tutto l’anno, dal mattino presto alla sera inoltrata. Altrimenti scattano le penali. Il tutto perché, spiegano dall’azienda che “governa” Porta Nuova, «i negozi devono offrire servizi ai viaggiatori e seguire i ritmi della stazione».

Così le boutique, i caffè, i fast food di Porta Nuova saranno aperti anche domenica, nonostante sia il 1° maggio. E i lavoratori, dopo essere stati in servizio durante tutte le festività natalizie, sono quasi tutti rassegnati. Il barista di uno dei punti gestiti da Autogrill fa spallucce: «Siamo sempre aperti, anche perché i robottini che ci sostituiscono non li hanno ancora inventati». E pure Alex di So Sushi allarga le braccia: «Sono nella ristorazione da quando ho 16 anni, ma non mi pesa lavorare nei festivi: se posso godermeli bene, altrimenti pazienza».

Elena, commessa di Boggi, è ancora più esplicita: «Quando abbiamo firmato il contratto d’assunzione sapevamo a cosa andavamo incontro. Per fortuna qui siamo in quattro e possiamo ruotare: io ho lavorato a Pasquetta, ma non a Pasqua. E per certi versi è più comodo, perché siamo operativi o dalle 8 alle 16 o dalle 14 alle 22. Naturalmente essere in servizio nei festivi ci garantisce una maggiorazione sullo stipendio».

Questo, però, non vale per tutti: «Per chi è stato assunto negli ultimi due anni – racconta la segretaria della Filcams-Cgil Torino, Elisabetta Mesturino – il datore di lavoro può decidere di pagare solo lo straordinario del festivo e di fare recuperare il giorno durante la settimana». Il “merito” è di una modifica introdotta nel 2008 dal governo Berlusconi, che prevede che per i lavoratori del commercio il riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive sia calcolato come media in un periodo non superiore ai 14 giorni. Insomma, il proprietario del negozio, in teoria, può pagare al commesso solo l’extra domenicale per poi togliergli il riposo compensativo accorciandogli di un’ora o due i turni durante la settimana.

È anche per questo che Denise, responsabile della rivendita di occhiali Salmoiraghi & Viganò, dice che «lavorare il 1° maggio non è un problema, perché le criticità della categoria stanno a monte e sono ben altre». Per lei «stare aperti è giusto, soprattutto se vogliamo diventare una città turistica». Ma durante i festivi si vende così tanto? «A Pasquetta – racconta – è andata benissimo, sono arrivati tantissimi turisti. A Pasqua, in effetti, se fossimo rimasti chiusi era uguale».

Succede a Torino, come a Roma Termini, Milano Centrale e Napoli Centrale. Grandi Stazioni ha reso Porta Nuova un’impenetrabile roccaforte dello shopping, con buona pace dei sindacati, dei commercianti del centro e dello stesso Comune. L’assessore al Commercio, Alessandro Altamura, a Natale aveva provato a scardinare questa fortezza con una lettera in cui chiedeva maggiori garanzie per i commessi alla società che gestisce la stazione: tutto inutile. Perché le amministrazioni comunali non possono dettare legge nelle stazioni ferroviarie, marittime e aeroportuali. Lo dice il decreto 114 del 1998, passato alla storia come decreto Bersani.

di Stefano Parola, Repubblica (28/04/2011)

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