Si chiamano Jumpin’Quails, le quaglie saltellanti. E i balzi verso l’estero del trio rock torinese sono sempre più frequenti. Questa volta la migrazione di Sal, Jacopo e Diego punta verso est, per una tournée insolita legata alla pubblicazione del nuovo disco, «Bishops In Tea Shops».

Iniziata in un paese pieno di guai, la Grecia: «Atene ci ha salutati all’arrivo con un corteo in piazza Syntagma, come se ne vedono di continuo in questi giorni sulle tv di tutto il mondo. Poi la sera ci ha accolti con un club pieno di gente che ha ballato per tutto il concerto». È stato l’inizio di un viaggio che sta proseguendo verso Macedonia, Kosovo, Bulgaria, Romania, Serbia, Croazia e Slovenia.

È un’altra Europa rispetto agli approdi più consolidati della parte occidentale del continente: «L’Est in questi anni è un’area piena di vitalità, di giovani con un passato pesante alle spalle e una gran voglia di guardare avanti e superarlo. In altre parole: dopo gli estremismi, le ideologie, le guerre e le intolleranze forse è giunto il momento di prendersi un po’ meno sul serio e ballare». Quella dei Jumpin’Quails è una bella avventura cosmopolita, nata nella nuova Torino in fermento creativo: «Siamo tutti under 30, la nostra base operativa è San Salvario.

Il gruppo è formato da sei persone: tre sul palco e altrettante sotto. Tommaso e Gabriele lavorano agli arrangiamenti, Dario fa da manager, grafico, designer e consulente d’immagine: alla stessa maniera noi non ci limitiamo a suonare ma curiamo altri aspetti fuori palco, come ad esempio il booking e la cassa». Torinese anche l’impresa che promuove il fresco indie rock della band: «Sounday è la nostra casa discografica, ma soprattutto un portale che offre agli artisti contatti e opportunità grazie alle sue molteplici radici, diramazioni e collaborazioni attive in tutto il mondo.

Tutto questo ha contribuito alla nostra promozione all’estero, anche se la collaborazione con loro è recente e il tour nell’Est è farina del nostro sacco, nasce dal contatto diretto con due giovani promoter locali, la greca Iliana e il macedone Marko». Estimatori del trio che rappresenta nei Balcani, con 13 live in altrettante serate consecutive, una Torino giovane e grintosa: «La nostra città oggi è un laboratorio, forse l’unico del genere in Italia. E di ottima qualità. Due aspetti su tutti: la scena torinese è eclettica, racchiude una gran quantità di espressioni. E poi nasce per la spinta dal basso, non è dalle politiche giovanili di qualche ente».

di Paolo Ferrari, La Stampa (09/10/2011)

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