Con l’annuncio del possibile trasferimento dell’Ospedale Amedeo di Savoia a Settimo si ridiscute anche sul futuro dell’Ospedale Valdese. La chiusura sembrerebbe vicina, trasformando gli stabili di via Silvio Pellico in presidio per lungodegenze (casa di riposo), nonostante siano state raccolte migliaia di firme a sostegno dell’Ospedale. L’Ospedale è stato ristrutturato ed ampliato nel 2002 e rappresenta un’eccellenza nel panorama sanitario nazionale. Un brutto colpo per il quartiere e per tutta la città.
Nel giro di qualche anno Torino potrebbe perdere tre dei suoi ospedali: l’Amedeo di Savoia, il Valdese e l’Oftalmico. A dire il vero, era un destino segnato. Da tempo si ventilava l’ipotesi – a lunghissimo termine – di trasferire l’Oftalmico nel perimetro della Città della Salute. Così come era in atto un tira e molla sul Valdese, balletto che ora sembra chiudersi con una decisione secca: trasformare il presidio in struttura per residenze socio-assistenziali e lungodegenze, svuotandolo delle attuali funzioni, trasferendo la senologia alle Molinette, e chiudendo l’esperienza dei service, oculistica e ortopedia.
La vera novità, illustrata in commissione dall’assessore regionale alla Sanità Paolo Monferino, riguarda però l’Amedeo di Savoia. Avrebbe dovuto essere spostato a Orbassano, al San Luigi, uno dei due poli universitari della città. Invece è destinato a chiudere completamente per trasferire tutti i reparti all’Hôpital du Piemont di Settimo. Una decisione che a Torino sta provocando una levata di scudi. I primi siluri sono stati sganciati ieri dall’opposizione in Regione: «La chiusura dell’Amedeo di Savoia priva la città di un punto di riferimento in un settore delicato, quello delle malattie infettive e dell’Aids», attacca il consigliere del Pd Nino Boeti. Che solleva un altro interrogativo: «L’Hôpital du Piemont è la valvola di scarico del Giovanni Bosco, che lo utilizza per la lungodegenza dopo la fase acuta, uno dei problemi principali della nostra sanità. Destinarlo ad altre funzioni apre un altro problema». Critica anche l’ex assessore della giunta Bresso Eleonora Artesio (Fds): «Siamo stati abituati in questi quasi due anni di governo Cota a tre versioni di piano socio-sanitario e a mutevoli tabelle di classificazione degli ospedali».
L’assessore Monferino scansa le polemiche: «Siamo in una fase di consultazione e dialogo. Non c’è nulla di definitivo. Evitiamo strumentalizzazioni, tanto più se si basano su notizie infondate». Il centrosinistra torinese, però, chiede al sindaco Fassino di intervenire e attivare immediatamente un tavolo di confronto con la Regione. «Altrimenti rischiamo che sui servizi sanitari della città ricadano tagli insostenibili sul piano assistenziale e logistico», spiega la presidente della commissione Assistenza di Palazzo Civico Lucia Centillo. Per altro, sull’Amedeo di Savoia tiene banco il giallo dei fondi anti-Aids: l’ospedale avrebbe dovuto risorgere ed essere rilanciato grazie a un finanziamento statale per la lotta all’Aids. Soldi che sono stati stanziati ma di cui si è persa traccia.
La situazione del comparto socio-assistenziale in città resta comunque delicata. Ieri, in Comune, durante l’audizione dei vertici delle Asl torinesi è emerso che ci sono più di 3.500 anziani in attesa per la residenzialità e circa 8.500 per le cure domiciliari. Per di più, da quindici giorni il Comune non autorizza più nuovi ricoveri in strutture di lungodegenza. Colpa dell’incertezza che grava sui fondi per il Welfare: dai 46 milioni del 2009 si è passati ai 29 del 2011 e ai 16 del 2012. In questo quadro si sta aprendo il fronte degli anziani dimessi dagli ospedali e destinati alle case di cura: per le persone non abbienti Palazzo Civico dovrebbe intervenire coprendo una parte dei costi. Da due settimane è stato bloccato tutto, proprio perché in Comune nessuno sa su quante risorse potrà contare il settore socio-assistenziale.
di Andrea Rossi, La Stampa (17/02/2012)
Si prepara una rivoluzione per la sanità torinese: se il piano di riorganizzazione presentato ieri in commissione consiliare dall’assessore Paolo Monferino diventerà infatti realtà, scompariranno dalla città, o cambieranno destinazione d’uso in modo radicale, alcuni ospedali storici come l’Amedeo di Savoia, l’Oftalmico e il Valdese.
Le novità sono emerse ieri pomeriggio quando Monferino ha iniziato a illustrare in commissione il Piano sociosanitario regionale 20122015. L’assessore è partito appunto dal riordino della rete ospedaliera, che prevede la riorganizzazione dei diversi presidi in una scala «gerarchica» tra ospedali hub (come le Molinette), cardine e di prossimità. Le novità più eclatanti emerse riguardano proprio la città e la provincia di Torino.
La più significativa è quella che riguarda l’Amedeo di Savoia, storico nosocomio torinese specializzato nelle cura delle malattie infettive (dell’Aids tra le altre). Nell’ipotesi presentata dalla giunta Cota la sede attuale di corso Svizzera verrà chiusa e il presidio ospedaliero sarà trasferito a Settimo all’Hopital du Piemont. Una struttura sanitaria d’avanguardia costruita da una società francese (da qui il nome «esotico») dopo un accordo con l’allora presidente della Regione Enzo Ghigo che avrebbe dovuto gestirla per vent’anni. L’edificazione è terminata però nel 2006 con la nuova giunta Bresso che ne ha disconosciuto la paternità: l’Hopital ha rischiato così di rimanere una cattedrale nel deserto e solo un successivo accordo con la Regione e la Città di Settimo ha permesso nel 2008 di sbloccare la situazione e inaugurare finalmente il presidio. Che adesso da Rsa (residenza sanitaria assistenziale) di lusso dovrebbe trasformarsi in un vero ospedale. Sembra chiara l’intenzione della Regione di valorizzare così anche l’area dell’attuale Amedeo di Savoia, piuttosto appetibili sul mercato immobiliare.
Le altre novità riguardano l’ospedale Valdese di via Silvio Pellico che dovrebbe essere trasformato in Rsa appunto e presidio per lungodegenze. L’unità di senologia, giudicata un’eccellenza, sarà trasferita alle Molinette. Mentre il futuro dell’Oftalmico sarà la confluenza nella Città della Salute. In questo caso, ma ci vorranno anni perché il trasferimento sia completato, l’edificio, nel centro di Torino che attualmente lo ospita potrebbe essere riconvertito per le attività socio sanitario di lungo degenza, dimissioni protette e rsa. Monferino ha anche annunciato che i presidi ospedalieri oggi attivi ad Avigliana, Giaveno e Venaria funzionerebbero con un Cap (centro di assistenza primaria), in sostituzione degli attuali punti di primo intervento. “Sono i cittadini che non usano quei presidi come ospedali: tant’è che ad Avigliana si rivolge solo il 17 per cento della popolazione locale e a Venaria solo il 26 per cento” ha spiegato Monferino. Che poi rispondendo alle contestazioni dell’opposizione ha aggiunto: “Ancora una volta, come già successo in passato, abbiamo sottoposto alla Commissione un’ipotesi di classificazione degli oltre 50 ospedali piemontesi, come ci era stato richiesto. Un lavoro sul quale intendiamo confrontarci e dialogare, per costruire qualcosa di importante insieme, a favore dei piemontesi. Ancora una volta, pero, la questione è stata strumentalizzata creando malumori e allarmismi inutili”.
di Marco Trabucco, Repubblica (17/08/2012)
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In via Silvio Pellico la reazione è di totale sconcerto. Ironia della sorte, i lavori all’ospedale Valdese partono proprio a fine mese, dopo uno stop di più di un anno: spostamenti di reparti per rinnovare e ridisegnare quello che tutti ritenevano fosse destinato a restare un ospedale. Di certo c’è che nessuno, neppure i vertici dell’azienda To1, erano al corrente che nel futuro dell’exgioiellino della Ciov, il primo a sperimentare il modello dei percorsi a Torino, ci fosse una casa di riposo. “Siamo basiti e sorpresi — dice Beppe Avogliero. segretario aziendale dell’associazione Anaao — dopo inutili tentativi di ottenere un colloquio con l’assessore, il Valdese viene trasformato senza motivazioni e senza nessuna evidenza dell’inutilità della sua attività. Mentre il gradimento da parte dei cittadini resta molto alto”. Il 6 febbraio il presidente dell’ottava circoscrizione Mario Levi ha chiesto un incontro con Monferino: “Non ho avuto risposte e questa mattina leggendo i giornali ho fatto un salto sulla sedia e inviato una lettera a Piero Fassino per chiedere un aiuto contro un’ipotesi che definisco “terroristica e inaccettabile”. Ricordo, dice ancora Levi “che quattromila cittadini hanno firmato per questo ospedale e che tutti i politici, compreso il presidente Cota, sono venuti qui a dare rassicurazioni”.
estratto di un articolo apparso oggi su Repubblica (LINK)
da la stampa del 24 febbraio:
Non si placano, intanto, le polemiche sul trasferimento dell’Amedeo di Savoia a Settimo, e quelle per la chiusura del Valdese. Al termine di un assemblea proprio al Valdese, ieri, i sindacati hanno diffuso una nota: “In un periodo di crisi e sacrifici come si giustifica la chiusura di un presidio in cui sono state appena ristrutturate le sale operatorie che funzionano a pieno regime dodici ore al giorno? E i circa 6 milioni di euro investiti per la ristrutturazione partita in questi giorni?”.
“Perché?” è la domanda che fa anche il comitato “Che fine ha fatto l’Amedeo di Savoia?” dopo la notizia della chiusura e del trasferimento dell’ospedale da Torino a Settimo: “Immaginiamo che a Settimo dovranno essere fatti lavori e investimenti per adattare la struttura. Perché, allora, non utilizzare quei fondi a Torino, dove c’era già un progetto?”, domanda Stefano Patrucco.
link: http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/443883