dalla rubrica “Gente di Piemonte” curata da Carlo Petrini per La Repubblica (16/02/2011)

Gli architetti “verdi” di San Salvario progetti sostenibili e verdure urbane. Un palazzo dell’800 in via Goito ospita lo “Studio 999″ alloggi per chi ama l’”abitare sociale” e il giardino che offre cibi sani di stagione e un nuovo microclima. Il collettivo dà consulenza a chi vuol ripetere l’esperienza degli orti metropolitani: “Si può creare una rete di ‘campì con l’aiuto del Comune”. I tre giovani professionisti si sono ingranditi qui nel 2004 “Abbiamo sempre creduto in questo quartiere, anche quando tutti fuggivano via”

Ne ha beneficiato anche qualche vicino e in un’occasione pure il ristorante “Dausin”, che è giusto girato l’angolo, per una serata veramente a “chilometri zero” o meglio, come mi raccontano gli artefici di questo semplice miracolo urbano, “a chilometri 0.1, tanto per essere precisi”. Sono Giorgio Davì di 44 anni, Elena Carmagnani e Gabriele Gatti, entrambi di 41. Tre giovani architetti che a San Salvario hanno messo radici con tante idee in mente, e piazzato il quartier generale del loro studio, denominato “999″ come il numero dell’anno in cui sono entrati in società.

Lo Studio 999 inizia interessandosi soprattutto di ristrutturazioni edilizie e progettazione, con grande attenzione per le tematiche bioclimatiche ed energetiche, e si può dire che in tempi non sospetti lavorasse già su quello che oggi è chiamato “abitare sostenibile”. In seguito allargano il loro campo d’azione, cimentandosi nella realizzazione di un resort turistico nei Caraibi olandesi. La loro capacità di far convivere gli interessi dei finanziatori con le esigenze del bello e del sostenibile fa tributare loro il giusto successo, normale che seguano altre commesse e lavori nei Caraibi, tanto che nel 2004 vi aprono un ufficio distaccato.

Il 2004 è anche l’anno cruciale in cui Giorgio, Elena e Gabriele decidono di investire fortemente nella loro attività e nel luogo a cui sono più legati: San Salvario. È dove hanno lavorato e abitato in anni molto difficili per il quartiere. Sin dal 1999 erano già in via Goito (il primo studio era al civico 8), ma attorno il panorama era diventato piuttosto desolante. Da quartiere “borghesuccio” si era trasformato in un luogo di forti contrasti sociali per via delle immigrazioni, prima dai Balcani e poi dal Nord Africa, per una situazione della sicurezza che lasciava molto a desiderare e con la gente che letteralmente scappava via: “Noi ci abbiamo sempre creduto. Ma nessuno voleva venire a San Salvario, era tutto chiuso, non c’erano più attività commerciali, neanche ancora i kebabbari e i negozi etnici che poi hanno cominciato il processo di rivitalizzazione. Chi vendeva le sue proprietà non trovava acquirenti” raccontano Giorgio ed Elena. Nel 2004 però decidono di comprare un intero palazzo, pochi portoni più in là dalla loro vecchia sede, al numero 14: “Apparteneva tutto a un signore anziano, che non voleva che la proprietà si smembrasse. Gli spiegammo che avevamo un progetto, che volevamo costruire un luogo anche sociale”.

Nasce così il nuovo studio open-space, situato in un fabbricato-magazzino del cortile, mentre gli alloggi diventano le loro case (oggi ci vive Giorgio con la sua compagna i loro due figli) e case da affittare a chi abbia voglia di sperimentare “l’abitare sociale”: “Abbiamo ristrutturato cercando di conservare il conservabile, soprattutto i pavimenti in legno e i soffitti affrescati, ma subito pensando spazi comuni per gli inquilini. Oltre a un parcheggio sotterraneo che toglie almeno 6 auto dalle strade e dà riparo alle biciclette, ci sono una lavanderia comune, un’officina attrezzata per piccoli lavori di manutenzione in casa o di falegnameria, tutte le case sono in rete cablate tra di loro e c’è una compostiera, mentre il cortile (che è il tetto dello studio) è attrezzato per cene collettive. Inoltre c’è stata grande attenzione al contenimento energetico, con un impianto centralizzato che ci fa risparmiare molto”.

Infine, la scorsa primavera, il tocco che rende via Goito 14 un luogo ancor più speciale: l’orto comune sul tetto del fabbricato in cortile. Loro lo chiamano “Our secret garden”, 30 metri quadrati di terra che non soltanto abbelliscono, ma hanno anche una funzione termica e isolante di cui i ragazzi hanno presto apprezzato i benefici: “D’inverno fa meno freddo e d’estate meno caldo, ci sono molte meno zanzare, tutto il microclima del cortile e degli appartamenti è migliorato”. E poi ci sono i prodotti, rigorosamente senza fertilizzanti o pesticidi: pomodori, insalate, zucchine, fagioli e fagiolini, rapanelli. In questo momento le varietà invernali. “È più che sufficiente per il fabbisogno di tutti, ma è stato anche una bella occasione per festeggiare, fare cene con gli altri inquilini, invitare amici. Quelli dei palazzi di fianco hanno iniziato a interessarsi e abbiamo dato qualcosa anche a loro. C’è il bello, ci sono i prodotti buoni appena colti, ma c’è anche una rivitalizzazione della socialità – dice Giorgio – Strano, di solito quando gli architetti fanno qualcosa è difficile che riescano ad accontentare proprio tutti. C’è sempre qualcuno che storce in naso. Questo è l’unico caso in cui non ci sono state proteste o critiche, ma solo approcci positivi”.

Lo Studio 999 oggi si offre di dare consulenza, non soltanto tecnica ma anche burocratica, a chi voglia replicare quest’esperienza nel quartiere e in città, magari con progetti più grandi anche per i centri commerciali: “Sarebbe bello creare una rete di orti urbani, e sfruttare quante più superfici piane dei tetti per metterci del verde produttivo. Da questo punto di vista costerebbe proprio poco alla città studiare un sistema di agevolazioni da inserire nel regolamento edilizio, visto anche il valore energetico e ambientale di questi impianti, semplici e poco costosi”. Hanno dimostrato che si può fare e che ci credono fermamente, se San Salvario oggi è uno dei quartieri modello di Torino il merito va anche un po’ a loro, e a maggior ragione ci crediamo anche noi.”

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