Articoli, titoloni, rubriche, buongiorni, dossier, reportage, video, fotografie: è esplosa sui media locali (e non) la polemica sulla Movida a San Salvario. Di colpo. E’ bastato un foglietto scritto sulla saracinesca abbassata di un ristorante, e una testa fracassata. Tutto succede in via Berthollet, cuore e centro del quartiere di San Salvario. Oggi diviso da un muro, soprattutto la sera. Da un lato del marciapiede negozi arabi e rumeni, rosticcerie e frizerie, minimarket e kebab, dall’altro locali, pizzerie, ristoranti e, a quanto pare, anche una gelateria. A pochi metri di distanza due realtà frequentate da mondi che sembrano agli antipodi e che si incontrano raramente, purtroppo. E quando fa buio, tra cocktail, haschish e cocaina, la situazione degenera…
Durante il fine settimana, in una cittadona del Nordovest, un uomo si è accasciato davanti a un locale notturno con la testa spaccata da una bottiglia. Il proprietario del locale ha abbassato le serrande, affidando a un cartello la sua rabbia impotente. Così è ripartita la disfida fra movida e mortorio, fra chi pensa che la presenza in strada di migliaia di persone sia un segno di vitalità e persino di sicurezza, e chi invece preferirebbe una piazza deserta e illuminata male a una popolata da cocainomani e ubriachi, specie se in quella piazza ha la sventura di abitarci con figli piccoli o genitori anziani.
Avendo condiviso da inquilino dieci anni di vita romana coi nottambuli di Trastevere, ho una certa esperienza di marciapiedi macchiati di vomito e notti trascorse a leggere Simenon mentre sotto la mia finestra si svolgevano gare di peti e raid citofonici. Esaurita la scorta dei Simenon, dovetti rifugiarmi in un quartiere meno divertente. Fin da allora ho maturato la convinzione che per abitare in centro senza prendere l’esaurimento occorra munire la propria abitazione di rotelle, così da spostarla altrove durante il weekend. Purtroppo le fondamenta profonde che caratterizzano le case dei quartieri storici rendono problematica la loro trasformazione in roulotte. Ci sarebbe una soluzione di scorta: che gli assessori concedessero una licenza – non dieci – per ogni isolato, in modo da spandere i locali della movida su una superficie più ampia anziché concentrarli in poche strade. Cento umani per metro quadrato fanno statisticamente meno danni di mille. Ma la politica arruffona e arraffona riesce a farne ancora di più.
La Stampa (09/07/2013)
«Buonasera, il Camaleonte è chiuso per rispetto a chi qui davanti, a torto o a ragione, colpevole o innocente, è stato aggredito. Il solito reiterarsi della violenza collegata alo spaccio di droga che tutti tranne il Questore vedono…». Più che un biglietto è un taztebao quello appeso ieri sera da Ernesto Veronese, ristoratore di San Salvario sulla sua piccola serranda di via Berthollet 9. È un messaggio stretto e lungo, quanto la saracinesca, scritto a caldo con la mano ancora tremolante dopo aver assistito a una scena da film dell’orrore alle nove di sera proprio a un metro dal suo dehors. Una rissa «ma non la solita rissa fra ubriachi che finisce a male parole a minacce e a botte – spiegano nel vicino pub DDR – stavolta la scena è stata molto più cruda. «Ci siamo visti arrivare questo signore con la testa spaccata in due e sanguinante: si è accasciato proprio lì davanti – dice Luca Ledda mentre serve birre nel locale – forse si era preso una bottigliata che gli ha fracassato il cranio in un’altra via, poi è venuto a svenire qui davanti».
Due o tre risse al giorno
È lui che ha chiamato la polizia e l’ambulanza, insieme con Ernesto Veronese che nel frattempo meditava come urlare al prossimo che la misura a San Salvario non è mai stata così colma. Oggi andranno dal questore «o in procura – spiega, tanto firmiamo tutti qui nel quartiere – spiega ancora il titolare del bar di fronte – perchè ormai la sensazione è che lo Stato sia assente, impotente, che non possa più fare nulla in questa porzione di territorio».
Tutti a leggere il cartello
E così ieri sera, mentre gli uomini del 118 soccorrevano il ferito (che alcuni sostengono essere peruviano altri romeno) c’è chi ha chiuso il locale per protesta, abbassando la saracinesca un po’ per solidarietà e un po’ per protesta. «Scriva invece che nessuno deve pensare che si tratti di una resa: qui abbiamo intenzione di lottare, di andare avanti, perchè San Salvario è casa nostra, e sono anni che la difendiamo con tutti i mezzi possibili» spiega la segretaria dell’associazione «Rispettando San Salvario» che precisa: «Non voglio assolutamente sottovalutare quanto accaduto sabato sera, anche perchè si è trattato di una rissa particolarmente violenta, ma devo dire che non si tratta purtroppo di una novità e sono anni che noi residenti sopportiamo questa situazione, ci trasformiamo in reporter e croiisti fedeli di quanto accade».
Fatto sta però che quel cartello appeso sulla serranda fa effetto e ieri sera la gente di San Salvario si fermare a leggere lo sfogo di quest’uomo che accusa le forze dell’ordine di essersi dimenticate di questo spicchio di città.
No alla serrata
Il problema come spiegava Luca Ribaldi, 43 anni, abitante proprio in via Berthollet mentre leggeva con il bambino per mano quel manifesto di disperazione «è che situazioni come queste fanno addirittura pensare che ci sia un disegno, che ci sia un certo interesse a mantenere qui tutta l’illegalità e la pericolosità della città: confinano qui lo spaccio, lo tollerano, finchè il quartiere non scoppierà». Qualcuno pensava che si sarebbe organizzata una serrata per oggi: «No, meglio esserci e protestare – è l’urlo che arriva dai locali – e stavolta la nostra voce la faremo sentire».
La Stampa (08/07/2013)
E’ emergenza ordine pubblico a San Salvario. Mercoledì 17 luglio il presidente della Circoscrizione Otto Mario Levi incontrerà il prefetto Alberto Di Pace per richiedere «un maggior presidio nella zona e un incisivo intervento sul fenomeno dello spaccio». Parole che Levi aveva già scritto prima che sabato sera il titolare della piola «Il Camaleonte» abbassasse la serranda per protesta contro le continue risse in via Berthollet, davanti alle sue vetrine, dove si concentrano spaccio e bivacco. Non passa settimana senza che in strada ci siano liti da far paura: urla, bottigliate, sangue, inseguimenti.
Decine di pusher
Insomma, a San Salvario non solo lo spaccio non se n’è andato, ma la situazione è per giunta peggiorata. Ad assestare un brutto colpo è stata anche la chiusura dei Murazzi, con molti pusher che si sono trasferiti proprio tra via Berthollet e via Belfiore, cosa che ha inasprito anche una lotta già in corso per il controllo del territorio. Gli spacciatori cominciano a comparire all’ora dell’aperitivo e aumentano nel corso della serata. Può capitare di trovarne anche una decina in pochi metri: impossibile passare sul marciapiede senza che qualcuno che ti offra della droga. Dalle finestre dei palazzi, i residenti vedono esattamente quel che succede: in genere, gli stupefacenti già suddivisi in dosi vengono nascosti in terra, nelle bocche di aerazione di seminterrati e cantine e poi passati all’acquirente. Addosso, ovviamente, nessuno ha mai nulla.
Qualcuno si è già arreso
E se ora fa notizia la serranda abbassata del Camaleonte, bisogna ricordare che qualcuno se n’è già andato. Fiorix, negozio di fiori che offre servizi di allestimento, design e progettazione eventi, oggi si trova in via Accademia Albertina, ma i titolari avevano aperto nel 2011 in via Belfiore angolo via Berthollet, convinti che San Salvario stesse diventando la Camdem Town torinese: si sono ritrovati in un angolo di Bronx, e hanno mollato un anno dopo, stanchi (oltre che dello spaccio), anche del bivacco degli ubriachi e della gente che faceva i bisogni strada. Al suo posto oggi c’è l’ennesimo locale, che ha il suo bel da fare a tentare di tenere lontano gli spacciatori almeno dal suo ingresso. Si fa sentire, in senso negativo, anche l’assenza di un presidio come il Bazura: il circolo Arci, come tutte le estati, trasferisce le sue attività al cortile del Museo diffuso della Resistenza. Decisione presa anni fa per evitare di disturbare i vicini di casa con il rumore, ma proprio alcuni di quei vicini avevano chiesto loro quest’anno di non andarsene, per il ruolo importante che hanno nel parlare con le persone in strada, nel tentativo di mediare e di evitare situazioni spiacevoli che poi degenerino in liti e risse.
I turni dei vigili
Alle 19 di sera, quando la situazione comincia a diventare critica, la caserma della Polizia Municipale chiude, come tutti i presidi territoriali della città. «Chiediamo una riorganizzazione del servizio, per cui ci possano essere pattuglie che conoscono il territorio che si possano muovere in orario serale, intervenendo con tempestività». La proposta è della coordinatrice alla cultura della Otto, Paola Parmentola che vorrebbe che diventassero di routine i controlli fatti dieci giorni fa con gli arresti di spacciatori, le denunce di chi faceva i bisogni per strada, le verifiche amministrative nei locali.
L’assessorato sta cercando di capire come fare in modo che i civich siano più incisivi, ma una rivoluzione degli orari sembra pressoché impossibile. Si continua con l’organizzazione attuale: di giorno, i vigili di zona; di sera, i nuclei mirati, anche se questi hanno competenza su tutta la città. Intanto, la Circoscrizione sta elaborando un documento da inviare a Fassino, perché prenda atto della gravità di una situazione che sta sfuggendo di mano.
di Paola Italiano, La Stampa (09/07/2013)
I decibel fuori scala di San Salvario si fanno sentire anche in Procura. Un’inchiesta sul rumore è stata infatti aperta anche sul quartiere multietnico diventato ormai punto di riferimento della notte torinese: esposti e segnalazioni dei residenti che non riescono a prendere sonno o a far addormentare i bambini, sono sempre più frequenti, e rientrano sotto un unico fascicolo affidato al pm Giancarlo Avenati Bassi. Già sono cominciati controlli a tappeto di bar, vinerie e ristoranti della zona. Anche l’indagine sui Murazzi del sostituto Andrea Padalino era nata così, dagli accertamenti sul volume troppo alto che proveniva dai locali lungo al Po. “Ma a parte il rumore e il fastidio provato dai residenti, le due indagini non possono essere più di tanto speculari per le caratteristiche diverse dei due punti di ritrovo dei giovani”, spiegano in procura.
Il flusso della movida, ancor più con la chiusura dei Murazzi, si è infatti ormai insediato in modo stabile a San Salvario e si snoda per le strade ogni notte: via Saluzzo, via Berthollet, via Goito e via Belfiore, brulicano di musica, di chiacchiericci, di risa e di urla fino all’alba. Ci si dà appuntamento davanti a un locale, poi ci si sposta in un altro e in un altro ancora. Mentre però ai Murazzi, fino all’intervento della magistratura, c’era un problema di frastuono più “localizzato”, con musica da discoteca e casse sequestrabili nei vari locali (che si sono scoperti abusivi da anni), nel quartiere dietro Porta Nuova si registra un fenomeno di massa: il frastuono non arriva più di tanto da un locale specifico, ma in generale dal marciapiede e dalla strada antistante.
Il pm Avenati, ogni volta che riceve un carico di denunce, delega la polizia municipale a eseguire controlli. Ma non è sempre facile utilizzare l’arma del codice penale, specie di fronte ai gestori che si difendono sostenendo che chi sta facendo rumore non è magari nemmeno suo cliente. A maggior ragione se poi i decibel troppo alti sono il risultato cumulativo di centinaia di persone che stanno parlando fra di loro. Diverso è se la serata degenera: la gente si ubriaca, i toni si accendono, partono pugni e spintoni. “Una situazione non più sostenibile” persino per i commercianti. E non più tollerabile nemmeno da chi chiede soltanto di dormire.
Tre denunce sono partite dall’associazione “Rispettando San Salvario” solo negli ultimi sei mesi, una a febbraio nella quale segnalano disturbo della quiete pubblica, degrado ambientale, occupazione abusiva di suolo pubblico; una seconda a maggio sul problema dell’ordine pubblico; l’ultima a giugno, sugli effetti del rumore sulla salute dei bambini. “È dal 2005 che abbiamo iniziato a segnalare questa situazione – spiega la presidente dell’associazione, Eliana Strona – Abbiamo fatto tantissime denunce”.
Repubblica (09/07/2013)
San Salvario è un quartiere di Torino, situato tra la stazione ferroviaria di Porta Nuova e il verdissimo Parco del Valentino, che negli ultimi anni si è visto protagonista di una notevole crescita a livello di servizi offerti nel campo della ristorazione e del divertimento. Da quando poi sono stati chiusi tantissimi club che si trovavano negli storici Murazzi, il quartiere è diventato il punto di riferimento per centinaia di ragazze e ragazzi.
I DRAPPI ROSSI E I DRAPPI BLU
Si sà, le zone dedicate allo svago per i più giovani, portano da sempre a faide interne tra abitanti più o meno severi e imprenditori e gestori di locali che, soprattutto agli albori delle loro attività, si riempiono le tasche di ingenti quantità di denaro a cui in questo periodo è difficile dire di no. “Si prega di rispettare il vicinato” si legge storicamente sulle porte dei locali serali e notturni. Ma il livello di urla e confusione causato da quelle che in questi mesi sono vere e proprie miniere d’oro sta davvero superando il limite. Quando mancano poche ore al suonare della sveglia e non hai chiuso occhio è facile che il nervosismo abbia la meglio sul controllo delle corde vocali “Basta, fateci dormire” si può talvolta sentire echeggiare tra un balcone e l’altro delle strette viuzze di San Salvario. Ma non sono solo urla e scrosciate d’acqua lanciate dalle finestre a segnalare il diffuso malessere e dissenso di chi in San Salvario ci vive. Da mesi è ormai nata l’associazione “Rispettando San Salvario”, provvista di un proprio sito online, dove i residenti e domiciliati possono scambiarsi opinioni e informazioni. Tra le armi dell’organizzazione ci sono anche i particolari drappi che gli abitanti mostrano in bella vista su finestre e balconi. “Dormire per lavorare”, “Dormire per studiare”, “Dormire è un bisogno”. Accanto agli striscioni rossi però ne è spuntato anche qualcuno blu, a favore dei giovani e della movida, che recitano “Amo San Salvario, i suoi giovani, le sue voci, la sua vita”.
FERVORE IN VIA SILVIO PELLICO
E’ cominciata alle 19,30 ed è andata avanti per oltre 9 ore. Una delle innumerevoli inaugurazioni di locali che spuntano come funghi nella zona preferita dai giovani Torinesi. Questa volta però qualcosa è cambiato, si è raggiunto un limite forse non ancora toccato prima. Oltre ad avere dovuto sopportare gli schiamazzi e, permettetemelo, la maleducazione degli ospiti del locale (si può star in giro fino a tardi, ma non è necessario urlare come se si fosse seduti sugli sgabelli di uno stadio), gli abitanti di Via Silvio Pellico, han trovato al risveglio una spiacevole sorpresa. All’inquinamento acustico si è aggiunto l’inquinamento ambientale. Un tappeto di bicchieri di plastica e cocci di vetro, è stato raccolto dalle braccia pazienti e instancabili di una signora della via. Le lamentele in mattinata erano tante, lo spirito e la tolleranza comunque alti “Era l’inaugurazione, speriamo che non sia tutte le sere così”, “Forse è il caso di chiamare i vigili la prossima volta”, e ancora una battuta della simpatica lavoratrice che ironizzava “Il locale si chiama come chi si occupa di acconciature, cosa avrebbero combinato se avessero inaugurato un ristorante?”.
di Roberta Miele, torinofree.it (05/07/2013)
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Ridicolo! Articoli banali che esprimo un punto di vista retrogrado che non vuole ammettere la realtà dei fatti, si relega tutto ad un problema di ordine pubblico e non si ha il coraggio di analizzare il vero problema l’illegalità di alcune sostanze stupefacenti con tutti i problemi che si porta dietro come lo spaccio per strada le risse, ma dietro tutto questo ci sono dei galantuomini in giacca e cravatta che girano in Suv che ci guadagnano, sulle spalle dei migranti che mettono li a fare i commessi. Meno ipocrisia e più droga libera ecco cosa ci vuole!