San Salvario, avanza la movida. Ora si allarga al Valentino

Altre serrande si alzeranno nei prossimi mesi, altre insegne si illumineranno tra settembre e ottobre. Il quadrilatero di San Salvario, tra corso Vittorio, corso Marconi, via Nizza e via Madama Cristina, non rientra nella delibera di stop alle autorizzazioni che il Consiglio di Stato ha riabilitato dopo che il Tar l’aveva bocciata. Già nel maggio del 2011 l’ex assessore Alessandro Altamura non se l’era sentita di tarpare le ali allo sviluppo e alla trasformazione di un quartiere che fino a pochi anni prima era considerato come “zona a rischio” tra spaccio, prostituzione e delinquenza.
All’epoca il cambiamento di pelle era appena iniziato, concentrato solo in alcune strade, via Baretti, via Berthollet, una parte di via Saluzzo. Poi il boom, indotto anche dal divieto di aprire in piazza Vittorio e nel Quadrilatero. E la movida si è allargata, a macchia d’olio, trascinandosi dietro le prime proteste dei residenti e le polemiche tra favorevoli e contrari. Macchia che nei prossimi mesi si allargherà ancora di più, coinvolgendo le vie più vicine a corso Marconi, superando i confini del quadrilatero storico, verso il Valentino e verso corso Raffaello.

“Sarà un’offerta variegata – sottolinea Luca Amato di Confesercenti – in molti casi saranno ristoranti, brasserie e trattorie. Locali dove si mangia. E poi si può bere, oppure si può prendere un cocktail. San Salvario è un’altra cosa, come target, rispetto al Quadrilatero o a piazza Vittorio. Ad investire sul quartiere sono spesso i titolari che hanno già dei locali altrove, oppure giovani che sono nel settore da tempo e vogliono mettersi in proprio, rispondendo ad una domanda che non era soddisfatta “.

Anche nella movida c’è una stratificazione sociale, difficile da immaginare quando c’erano solo i Murazzi e il Quadrilatero, ai primi albori della vita notturna torinese. Ora le divisioni sono più nette. In piazza Vittorio l’ora dell’aperitivo è trasversale, ma dopo le undici, nella zona, si concentrano soprattutto ventenni. I trentenni preferiscono
l’ambiente di San Salvario, diverso, più tranquillo e rilassante, anche un pizzico più popolare, mentre chi cerca qualcosa di più sofisticato si butta nel Quadrilatero. Il rumore, soprattutto dal punto di vista dei residenti, è il minimo comune denominatore, ma per affrontare i problemi è necessario tenere in conto anche le diversità. Bloccare anche le autorizzazioni a San Salvario? L’assessorato al Commercio, guidato da Giuliana Tedesco, non è convinto al cento per cento. Le valutazioni sono in corso. La scelta del Consiglio di Stato dà una mano, ma bisogna considerare come si sta modificando la geografia.

E la circoscrizione cosa ne pensa? “Noi di principio non siamo contro le aperture se si espandono al resto di San Salvario contribuendo così alla trasformazione e alla riconquista di quella sicurezza che qualcuno ancora non percepisce – dice il presidente Mario Cornelio Levi – Il nostro obiettivo è avere i negozi aperti di giorno e di sera, oltre ai locali. Non vogliamo vedere solo negozi sostituiti dai locali”. Sì allo stop della autorizzazioni? “Forse sarebbe opportuno, ma solo perché la delibera Altamura, un po’ concentrata dove c’era un’emergenza, ha spostato in blocco il problema su San Salvario e Vanchiglia. Piuttosto che un blocco e basta noi preferiremmo una programmazione ponderata tra zone. E poi è necessario, e stiamo lavorando con l’assessore Curti, ad un piano di riqualificazione del quartiere, che dia un look a San Salvario”.

di Diego Longhin, Repubblica (12/08/2012)

Contrordine movida Stop ai nuovi locali

Ritorna in vigore lo “stop” all’apertura di nuovi locali nei quartieri della movida. A riabilitare il freno varato in zona Cesarini dalla giunta Chiamparino e dall’ex assessore al Commercio, Alessandro Altamura, è stato il Consiglio di Stato con un’ordinanza che ribalta la sentenza del Tar. Il Tribunale amministrativo regionale aveva dato ragione ai titolari di bar e ristoranti che, sulla base delle liberalizzazioni, avevano fatto ricorso contro la delibera del maggio 2011. Una delibera quadro con la quale si ridefinivano tutti i criteri per l’apertura di bar e ristoranti dopo gli indirizzi generali decisi dalla Regione.

Tre le zone dove torna il divieto di aprire nuove attività, bar, ristoranti e locali notturni, fino a maggio 2014 (si tratta infatti di un provvedimento sperimentale e provvisorio): piazza Vittorio con le vie limitrofe, compresa via Matteo Pescatore, dove i residenti combattono da tempo contro i tiratardi e il baccano oltre misura, l’area del Quadrilatero romano e l’asse di corso Moncalieri da piazza Gran Madre fino a piazza Zara, dove si concentrano soprattutto discoteche. Motivo? “In queste aree si è arrivati ad un livello di saturazione che non permette nuove aperture», sosteneva l’ex assessore Altamura. E il Consiglio di Stato ha dato ragione a Palazzo Civico spiegando che «la debita valutazione comparativa degli interessi in conflitto impone di ravvisare la preminenza di quelli collettivi perseguiti dall’amministrazione”.

Dal provvedimento approvato nel 2011 rimane fuori l’area di San Salvario, altro quartiere dove la vita notturna ha preso il sopravvento e dove gruppi di residenti si sono organizzati in chiave antimovida. L’idea era quella di non bloccare la riqualificazione di San Salvario, un cambiamento di pelle voluto e perseguito anche attraverso l’apertura di locali.
Lo stop alle autorizzazioni nelle altre aree, piazza Vittorio e Quadrilatero, ha di fatto accelerato il processo a San Salvario. Poi il Tar ha bocciato il provvedimento. Ora il nuovo freno potrebbe rimettere in moto l’interesse dei titolari. Tanto che il Comune ha avviato un’istruttoria per capire se il provvedimento si può estendere, ricomprendendo San Salvario. Oppure se è possibile realizzare un intervento ad hoc. La sentenza del Consiglio di Stato, di fatto, rappresenta una sicurezza in più. E le associazioni di categoria cosa dicono? “Non siamo per i blocchi — dice Luca Amato della Confesercenti — ma per una programmazione di mediolungo periodo per individuare le aree dove si possano sviluppare attività, anche nell’interesse stesso della città”.

di Diego Longhin, Repubblica (11/08/2012)

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