C’è di nuovo il sole, quindi tempo di Vale.
Un sillogismo divenuto ormai millenario al pari del più famoso cartesiano: Penso, quindi sono.
Con l’arrivo del primo calore primaverile scatta nell’essere umano torinese e non solo, questa atavica voglia di crogiolarsi alla luce del sole su un prato e far scorre le ore nel più totale ozio, buttandole a manciate, come briciole per le carpe, nel Po in modo che vengano portate via più velocemente.
Si, molto presto gli Imbarchini, il Fluido e quel pratone, che forse un nome ha, ma che considero una terra di nessuno si popolerà dei più variegati esponenti del catalogo di umanità che si trovano in città, invadendo e lasciando dietro di loro o sotto di loro un pavè di tappi e cicche.
A fare da colonna sonora gli djambe, inconfodibile jingle dei pomeriggi e delle sere, frisbee lanciati a mo’ di trappole rotanti uscite da un tempio di Indiana Jones, tanti Sims che fanno jogging, cani, cani liberi ovunque e poi lei: la nuova moda Spring/Summer ‘14.
Dopo gli allenamenti acrobatici con le bottiglie, il nastrino elastico teso tra due alberi su cui fare acrobazie, il pallone da rugby per dimostrare che To non è solo calcio e la fottuta longboard per sentirsi in California, mi domando quale sarà la pratica usa e getta di quest’anno per dimostrare a noi stessi e gli altri (elementi che si stanno sovrapponendo sempre di più) di essere capaci di fare molto più che appoggiare il culo per terra, stappare Menabree da 66 e scaricare accendini a furia di sigarette per beffare il tempo.

“ Essere davanti al Tejo/ guardare nel suo cuore blu/ fino a divenire spuma “

“ Ai piedi del castello tra antichi tentacoli lusitani/ immobile come le sue mura/ cullato dal sole il vento e suoni stranieri “.

“ Punte dall’aria di collina/ le luci di case verticalmente sfalsate/ sorridono “

Vincent H. Macomber

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