“Trascorrere in piazza Madama Cristina porzioni di sabato mattina è, in tutte le stagioni, attività assolutamente consigliabile perché mette l’allegria addosso. Sarà per il mercato, giusta via di mezzo tra l’imponenza di Porta Palazzo e un rionale qualsiasi, ma anche per tutto ciò che ci gravita intorno: negozi, atmosfere, facce di varia umanità. E poi è comoda da raggiungere, con il parcheggio sotterraneo che è un invito a fare acquisti, ma anche due passi, in quello che è il cuore vero, pulsante di San Salvario.

«Un tempo però era meglio – dice Giambattista Labella, che gestisce da 33 anni la macelleria verso corso Massimo D’Azeglio – e non solo perché non ci sono più le famiglie numerose di una volta, garanzia di acquisti corposi, ma solo single di una certa età. Il fatto è che si sono dimenticati i marciapiedi: chi esce dal mio negozio rischia di venire travolto dai mezzi del mercato che transitano come se la piazza fosse una strada. E poi il parcheggio è caro come la merce venduta sui banchi».
Lo spartiacque è il 2002. Prima la tettoia era cadente e poco accogliente, scarsi i servizi per gli ambulanti, impossibile il posteggio per le auto. Ora, pur conservando la tradizionale suddivisione tra alimentare (ad est) e non alimentare (ovest), è uno spettacolo anche dal punto di vista architettonico. E le botteghe della piazza da anni sono sempre quelle. Con l’eccezione di To.Lab, che alla fine del 2010 ha preso il posto di un negozio di cucine. «Questo è lo show room di uno studio di progettazione che realizza oggetti utilizzando le materie prime delle industrie – spiega Marco Cassino, uno dei quattro soci-designer -. Il cemento e il policarbonato, in particolare, si prestano ad eccellenti reinterpretazioni: con questi materiali commissioniamo in piccole serie alle aziende, su richiesta degli utenti finali, librerie, lampade, portabottiglie, vasi, attaccapanni. Ma anche bigiotteria e giubbotti con l’alluminio intrecciato nel tessuto». Piazza Madama non è stata scelta per caso. «Abbiamo deciso di aprire in quello che è il miglior polo di attrazione per chi cerca l’innovazione artistica e industriale. Anche se il momento non è facile per i negozi classici, e noi di classico non abbiamo proprio nulla».

A differenza dei coloniali Ferri. «Il negozio è nostro da 27 anni, lo abbiamo rilevato da De Michelis, una delle botteghe-simbolo della città, in attività dal ’38 al ’84. Prima ancora, cioè dal ’18 al ’38, la ditta Lavazza, quella del caffè, aveva un laboratorio proprio in questi muri», racconta Enrico Ferri, da dietro il banco del negozio delle meraviglie: più di 40 tipi di spezie, caramelle e biscotti di ogni genere, pepe giapponese, biscotti scozzesi, torte di patate argentine. E, soprattutto, gli aromi di una volta. «Qui si trovano prodotti che altrove non esistono, eppure non si può dire che gli affari vadano bene. In pratica viaggiamo di conserva ad un mercato in difficoltà per i costi troppo elevati del suolo pubblico e per la crisi generale».
Non è sulla piazza, ma ne fa parte di diritto. È il remainder di libri Pianeta Fantasia, che si trova in via Madama Cristina 11. Qui c’è il caos, creativo però. «Quindicimila titoli, 50 mila pezzi: ho aperto vent’anni fa, sono innamorato di una zona dove abito da sempre – dice Andrea Guarnieri -. Anche nei momenti di crisi, la piazza risponde bene: noi non siamo succubi del mercato, ma quasi. Nel senso che chi cerca certi libri si sposta in tutta la città e al sabato trova comodo lasciare i bimbi in negozio mentre se ne va in piazza a comperare un po’ di frutta. Non per niente otto clienti su dieci sono donne, che sanno che qui possono trovare volumi nuovi con uno sconto del 40-50%».

Anche i due vulcanici fratelli Derossi, che vendono elettrodomestici da cinquant’anni, sono «sulla piazza» senza esserlo fisicamente, visto che il loro negozio, televisori, ferri da stiro e sveglie ovunque, altro caos questa volta elettronico e non creativo, è dal 1970 al numero 15 della via. «Andiamo d’accordo per forza, visto che lavoriamo fianco a fianco. Io però sono uno storico e un appassionato d’arte prestato al commercio, mentre mio fratello è più del mestiere, visto che è pure vicepresidente dell’associazione commercianti di San Salvario», dice Mario, tutto di un fiato. «I nostri clienti sono clienti e basta, non importa da dove arrivano. E se comprano da noi anziché nella grande distribuzione, è perché sanno che trovano competenza e un servizio che altri non offrono: che vuol dire esperienza e preparazione tecnica», spiega Cesare. Dai Derossi si fa orario continuato e la porta è sempre aperta anche in pieno inverno «per invitare la gente ad entrare, senza farsi troppi problemi». «Peccato che lo spazio del mercato sia inutilizzato per sei pomeriggi su sette – continua Mario -: e dire che si potrebbero realizzare importanti progetti di volontariato o manifestazioni culturali».”

di Maurizio Ternavasio, La Stampa (27/01/2011)

1 Commento. Nuovo commento

Rispondi a makyo Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere