“Il Borgo San Salvario è una specie di piccola city di Torino, dalle grandi case annerite, velato dai nuvoli di fumo della grande stazione della strada ferrata, che lo riempie tutto del suo respiro affannoso, del frastuono metallico della sua vita rude, affrettata e senza riposo; una piccola città a parte, giovane di trent’ anni, operosa, formicolante di operai lordi di polvere di carbone e di impiegati accigliati, che attraversano le strade a passi frattolosi, fra lo scalpitio dei cavalli colossali e lo strepito dei carri merci che fan tintinnare i vetri, barcollando fra gli omnibus, i tranvai e le carrette, sul ciottolato sonoro. L’aspetto del sobborgo è ancora torinese, ma arieggia la ‘barriera’ di Parigi. I portici sono affollati di gente affaccendata, che si disputa lo spazio; le scale delle case risuonano di passi precipitosi; nei caffè si parla d’affari; tutto dà l’indizio d’una vita più concitata che nelle altre parti di Torino. E’ una piccola Torino in blouse, che si leva di buon’ ora, e lavora coll’ orologio alla mano, senza perdere tempo; che frequenta il teatro Balbo, passeggia sul Corso del Re e va a prendere la tazza al Caffè Ligure, allegra e chiassosa la sera, democratica, un pò rozza, piena di buone speranze, ariosa e pulita, un pò affaticata, ma che par contenta di sè, in mezzo alla verzura e ai larghi viali che le fanno corona, davanti alla stazione che l’ assorda coi suoi fragori e i suoi sbuffi di gigantesca officina.”