L’altra Torino: 24 centri fuori dal centro

Una guida di Torino che volutamente esclude il centro storico della città dalla trattazione per aprire l’orizzonte sul resto dell’area metropolitana, quella meno conosciuta, che sicuramente non è compresa negli itinerari per turisti, ma non per questo meno ricca di tradizione, storie e bellezza. “L’altra Torino”, edita da Espressedizioni, è stata scritta a otto mani da un’équipe di autori legati a doppio filo alla città: Marco Magnone, Edoardo Bergamin, Daniela Garavini e Fabrizio Vespa. Un quartetto che si è “spartito” i 24 centri fuori dal centro – non a caso è questo il sottotitolo della guida – per tracciare una nuova mappa di Torino, fatta di itinerari di certo non convenzionali, che intendono far emergere la vera essenza dei borghi e dei quartieri torinesi, anche di quelli meno conosciuti e spesso definiti “depressi”. Una sorta di diario di bordo, corredato da una veste grafica accattivante e funzionale (le fotografie sono state scattate da ex allievi dei corsi ZUM), che non solo ha il grande merito di riportare a galla storie e luoghi della città spesso e volentieri finiti nel dimenticatoio, ma anche di stimolare chi a Torino già ci abita a scoprire tutto ciò che circonda il centro.
Marco Magnone per “L’altra Torino” ha redatto gli itinerari di San Salvario, Nizza Millefonti, Lingotto, Pozzo Strada, Le Vallette, Lucento, Spina Reale, Barriera di Milano, Aurora, Vanchiglia e Madonna del Pilone. Nonostante la giovane età, ha già dato alle stampe un libro, “Avrupalilar”(Pangramma Libri, Torino 2010), e partecipato a diversi progetti come “situa.to” e “Overview” per Bottega Studio Architetti, ossia una graphic novel da parete composta da 12 rulli con testi e immagini. Per Sun Salvario Views lo abbiamo incontrato alla Casa del Quartiere di San Salvario.

Marco Magnone, una guida di Torino che di fatto capovolge la consueta prospettiva sulla città, invitando provocatoriamente a dimenticare il centro storico e a scoprire le altre zone dell’area metropolitana, non a caso definite “centri fuori dal centro”. Quale è stato lo spirito che vi ha accompagnato nella realizzazione de “L’altra Torino”?
Abbiamo voluto dar vita a una guida utilizzabile sia sul campo che da casa, una specie di mappa che stimola la curiosità dei residenti verso quelle zone fuori dalla Ztl. Non è un caso che in molte pagine trovino spazio la storia industriale della città così come quella della vita notturna. In questo senso “L’altra Torino” non vuole essere un compendio di tutto ciò “che conta”, bensì un impulso a vedere e vivere la città in maniera diversa.
Quali sono stati i criteri che avete utilizzato per la definizione di quella che viene chiamata”metroguida”?
Durante la realizzazione, durata circa 10 mesi, abbiamo cercato di trattare le varie parti della città come se fossero elementi di una trama, questo ci ha permesso di raccontare piccole storie come quella del calzolaio del grande Torino, ma allo stesso modo ci ha dato la possibilità di affrontare le grandi questioni sul futuro della città. La prospettiva, anche nei confronti dei punti di Torino più conosciuti, è comunque laterale, autoriale. Non è difficile dunque trovare all’interno della guida un’intervista accompagnata da veri e propri appunti di viaggio o da nozioni e informazioni ricavate attraverso consuete ricerche bibliografiche. Non abbiamo cercato di svolgere un lavoro omogeneo, rispecchiando di fatto la natura stessa di Torino.
In effetti scorrendo la guida si ha un po’ la sensazione di avere dinanzi un diario di viaggio, costellato da piccole storie di quartiere così come da informazioni e testimonianze di carattere politico, socio-politico e architettonico.
E’ questo uno dei tratti che rende davvero diversa e per certi versi inedita “L’altra Torino”?

Certamente sì, la guida è un “minestrone” di reperti, interviste e nozioni da cui discendono tre diversi tipi di contenuti: innanzitutto le cose sconosciute in attesa di essere scoperte, poi i modelli di vita urbana e sostenibile e infine le storie, i personaggi, i luoghi dimenticati e poi riesumati.
Il primo “centro” descritto dalla guida è proprio San Salvario, dove tu tra l’altro abiti. Sono presenti due itinerari, dal titolo “Benvenuti a Torino” e “Sapore di mare”, entrambi concentrati nella zona nord, come hai cercato di descrivere il nostro quartiere?
San Salvario è un caso emblematico di buone pratiche urbane, un quartiereil cui tratto saliente è quello di rigenerarsi continuamente nel tempo. I due itinerari che abbiamo scelto partono dalla stazione, dalla porta della città, per poi svilupparsi come una sorta di “otto” attorno al parco Valentino. E’ in quest’area infatti che c’è la maggior concentrazione di piazze, circoli, esempi di arredo urbano e vita musicale notturna.
Cosa ne pensi della trasformazione che sta vivendo San Salvario, soprattutto in quest’ultimo periodo in cui si assiste alla fioritura di numerosi locali sullo stile del Quadrilatero. Credi che questo possa snaturare il quartiere e privarlo della sua identità?
Credo di no, San Salvario pur essendo a ridosso del cosiddetto centro come il Quadrilatero e pur vivendo la stessa tendenza, non subirà lo stesso destino. E’ un’area con uno zoccolo duro di cittadini che sentono molto il quartiere e faccio anche riferimento agli immigrati che arrivarono nel dopo guerra dal Polesine e dal sud, così come quelli provenienti da altre nazioni. Molti residenti vivono attivamente il quartiere e si riconoscono nella sua identità, difficilmente si assisterà a quel ricambio di popolazione che ha totalmente trasformato il Quadrilatero.
“L’altra Torino” in definitiva vuole spronare i cittadini a guardarsi intorno?
Il nostro obiettivo è quello di “dare il la” ai residenti perché si accorgano di ciò che li circonda, ma non solo. Questo progetto editoriale vuole anche essere un punto d’inizio per stimolare una discussione critica su tutto ciò che non è stato inserito, l’editore infatti ha pensato a una piattaforma web dove sarà possibile “aggiornare” la guida, inserendo nuovi contenuti.

di Thomas Ponte

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