Dal blog “Varie ed eventuali-appunti alla rinfusa” pubblichiamo questo interessante articolo sul Museo della Frutta, un museo unico e molto particolare situato proprio in San Salvario, nel Palazzo degli Istituti Anatomici. L’ ingresso del museo è in via P.Giuria, 15.



Ebbene si, a Torino esiste anche il Museo della Frutta


Le cose sono andate così: un certo Francesco Garnier Valletti, nato a Giaveno nel 1808 e morto a Torino nel 1889, aveva modellato per conto della Regia Stazione di Chimica Agraria una collezione di più di mille frutti artificiali. Bellissimi e riprodotti tanto magnificamente da sembrare veri.
Piccola digressione: di una cosa finta si dice che è tanto bella che sembra vera. E di una cosa vera si dice che è tanto bella che sembra finta. Mah.
Torniamo a Valletti e ai suoi frutti, che erano belli davvero e meritavano di essere esposti al pubblico. In contemporanea, si era presentata la necessità di dare una degna collocazione anche ai diciannovemila volumi della biblioteca scientifica della Stazione Chimica, diventata nel 1967 Sezione Operativa di Torino dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, e alle attrezzature storiche dei vecchi laboratori di analisi contro le frodi alimentari.

I locali adatti furono individuati nel quartiere di San Salvario, in un’ala del Palazzo degli Istituti Anatomici dove già era presente il Museo di Anatomia Umana e dove poco tempo dopo sarebbe stato collocato anche il Museo di Antropolgia Criminale Cesare Lombroso (interessantissimo, ma aimè interdetto alle fotografie).

I vecchi laboratori sono stati allestiti in maniera da sembrare ancora attivi e funzionanti, con i camici appesi e una targa che ammonisce che Per Disposizione del Superiore Ministero.. eccetera eccetera



Ma più di tutti i laboratori e l’ufficio del direttore, per quanto interessanti, la vera star del museo è la collezione del Museo Pomologico, e sono belli da vedere non solo i frutti ma anche le sale e i mobili costruiti appositamente. Vale la pena fermarsi ad ascoltare Vittorio Gassman che racconta di Valletti e della storia di questa singolare collezione.


Figura affascinante, estroso artigiano ma anche artista geniale, Francesco Garnier Valletti comincia a lavorare come confettiere, in seguito si trasferisce a Torino dove si dedica alla realizzazione di fiori ornamentali in cera. Si sposta a Milano, e la sua attività viene talmente apprezzata che lo chiamano a lavorare prima alla Corte Imperiale di Vienna e poi a San Pietroburgo, alla corte dello zar. La morte della moglie gli impone di tornare a Torino per occuparsi dei figli, e da lì in poi la sua unica attività sarà la pomologia artificiale.

I suoi lavori vengono presentati in parecchie esposizioni e mostre e ovunque ricevono premi e medaglie. E’ ammirato e apprezzato non solo in Italia ma in tutta Europa. Conosce Augusto Burdin, autorevole vivaista, che crea laSocietà del Museo Pomologico di cui Valletti sarà modellatore ufficiale.
Realizza più di milleduecento pezzi e di ogni varietà annota nomi, stagione di fioritura, qualità e caratteristiche.
Scrive anche una Raccolta di ogni sorta di segreti, in cui appunta ricette formule e un po’ di tutto. Ma la formula e il metodo con cui realizza i suoi frutti no, quelli non li rivela. Scriverà soltanto
I frutti artificiali si fanno con polvere d’alabastro sciolta nella cera e nel mili e nella gomma damar i quali restano duri come pietre bianchissimi nel spacarli cioé facendoli in due ed inalterabili al calore. Scoperta del 5 marzo 1858 in sogno….


La Società purtroppo si scioglie nel giro di pochi anni, Burdin fallisce e Valletti si trova in serie difficoltà economiche. Lavora moltissimo, suoi lavori vengono acquistati dal principe Enrico d’Orange, dal Museo di agricoltura di Melbourne e dall’Imperial Museum di Berlino ma di soldi in tasca ne arrivano pochi.
Accetta di tenere lezioni pratiche sulla preparazione di frutti artificiali, ma visto che continua a rifiutare di rivelare il suo metodo segreto, il corso viene annullato. Gli daranno una cattedra all’Istituto Sommeiller, ma siamo ormai nel 1889 e Valletti ha più di ottant’anni. Morirà di polmonite poco dopo, lasciando alla figlia un’eredità di frutti artificiali che in parte sono ora conservati presso lo stabilimento Cirio con cui Valletti aveva collaborato.
Due anni dopo la sua morte la formula tenacemente difesa viene rivelata dall’allievo Michele Del Lupo, un professore di botanica che nel 1891 pubblica per Hoepli un Manuale di Pomologia Artificiale.”


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