A settembre dell’ anno scorso arrivò la sciagurata notizia della chiusura di Documè, associazione, con sede a Torino, da anni attiva nella promozione nazionale del documentario. Oggi Giuliano Girelli, il fondatore, trae le conclusioni di un’ esperienza unica lasciata morire inspiegabilmente dalle istituzioni.

da Nuovasocietà.it

“«Il mio viaggio è finito, ma farò in modo che il progetto non muoia». È deciso e amaro il giudizio di Giuliano Girelli, fondatore del progetto Documè, incontrato presso la Casa del Quartiere di San Salvario. «Non riesco ancora a rendermi conto di quali logiche possano aver interrotto un’esperienza entusiasmante e in espansione, senza alcuna promozione, in grado di diffondere la cultura del documentario».

La vera sorpresa è lo scoprire che, nonostante la dominante superficialità dei media, persista un forte interesse per questo settore spesso poco considerato.

Documè in questi anni ha fatto circolare ben 320 film, con 3500 proiezioni in tutta Italia, registrando una continua crescita nei contatti. Un servizio che, con quattro promotori ed un pugno di volontari, ha servito una vasta rete di circoli, teatri, scuole ed associazioni che avevano la possibilità di affittare documentari presenti sul sito Documè. «Con efficienza spedivamo i prodotti che venivano richiesti e noleggiati da gestori e promotori di iniziative socio culturali, rassegne e feste» sottolinea Girelli.

La prima rassegna di Documè risale al 2003, con delle originali proiezioni presso il mercato dei contadini di Porta Palazzo. «Anche in quel luogo, decisamente anomalo, abbiamo riscontrato un vasto e attento interesse, e a dicembre la nostra proposta è diventata un appuntamento fisso presso il cineteatro Baretti, per poi prendere il volo verso Viterbo, Pordenone, Bologna ed altre città. E abbiamo avviato un importante collaborazione anche con diversi istituti scolastici» dichiara con orgoglio Giuliano.

Questo servizio, oltre ad alimentare un vero e proprio circuito di distribuzione di qualità, ha anche dato soddisfazione a molti autori di documentari che sono così riusciti a diffondere i propri lavori in tutta l’Italia, isole comprese (come recitava una pubblicità di mobili di un tempo).

Nei documentari diffusi in rete è dominante il tema sociale, ma vi sono anche molto apprezzati lavori che testimoniano esperienze di nicchia su vari campi e settori culturali, ed in particolare sui contesti ambientalistici.

Per Girelli il dato più qualificante è l’aver registrato una grande domanda di documentari con una costante crescita avallata da una forte risposta di pubblico. Un segno che smentisce il luogo comune che imporrebbe ai media proposte ‘comic-stupid-soft’ in quanto la gente preferisce prodotti futili e superficiali. Invece di citare il seguitissimo programma di Fazio e Saviano “Vieni via con me”, Girelli ricorda il successo registrato al cineteatro Baretti, nel cuore del popolare quartiere San Salvario: «Di lunedì avevamo la sala piena con una rassegna di documentari».

Ma vediamo il punto chiave che ha portato alla chiusura del progetto. Un progetto con un budget molto contenuto. L’associazione aveva due introiti: le quote dei noleggi, vero ossigeno economico, ed il contributo di Comune ed enti locali.

«Purtroppo nel 2010 il Comune non ha ancora risposto alla nostra ordinaria richiesta di contributi. Si è fermato ad un “stiamo valutando” e siamo ancora in attesa di una risposta che è di fatto negativa. Senza quei fondi – continua Girelli – per noi è difficilissimo andare avanti. Ed è bene ricordare che si tratta di contributi minimali che certo non risolvono i bilanci degli enti pubblici. Una situazione precaria che ha reso impossibile il protrarsi dell’attività con un progetto stabile, nonostante la forte domanda di noleggi e le richieste di collaborazione da ogni dove. Infatti anche nei primi mesi del 2010 abbiamo incontrato la disponibilità e di grandi documentaristi, realizzando 70 proiezioni presso la casa del documentario in via Santa Chiara».

«Purtroppo il ritardo nel percepire un contributo di circa 30mila euro e la politica dei tagli ci ha reso la vita impossibile – spiega ancora Girelli. – Siamo così andati avanti fino a luglio, ma poi ci siamo resi conto che era impossibile impostare organicamente un programma in queste condizioni. La triste realtà è che non sappiamo cosa fare. L’accesso ai fondi non ha regole precise e non vi sono mediazioni. In verità abbiamo sempre fatto fatica ad andare avanti e ci ha aiutato la nostra passione ed entusiasmo. Per questo la decisione di chiudere è stata molto sofferta. È umiliante dopo tanti ottimi risultati non essere riusciti ad ottenere, né dal Comune che dalla Regione Piemonte, il finanziamento nonostante successi che ormai hanno portato i nostri documentari anche all’estero. Di fatto – conclude il fondatore di Documè – non ci sono giustificazioni a questa restrizione verso un una piccola associazione in crescita nonostante tutto. Trovo ancora più assurda l’assenza di una risposta da enti locali».

Per Girelli non è con i film in digitale che si coinvolgono le persone ed è un errore finanziare la tecnologia e non la qualità dei progetti realmente culturali e mirati verso esperienze di base.

Girelli ci offre ancora una chicca finale: «La cosa strana è che il progetto sia stato finanziato in Sardegna e non in Piemonte. Ci ha inoltre molto sorpreso che questa non presa in considerazione sia già stata avviata quando come governatore vi era Mercedes Bresso». Ma il volo dei documentari continuerà. Girelli ne è certo, nonostante la politica dei tagli selvaggi.”

di Moreno D’Angelo (22/12/2010)

Qui un’ intervista a Girelli del 2008:

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