Da Futura, il giornale online dell’ Università di Torino, un’ interessante articolo di Leopoldo Papi.
San Salvario, chiudono le soffitte tugurio
Lunedì il il sindaco Sergio Chiamparino ha firmato l’ordinanza definitiva. Dopo 19 anni, altre due ordinanze – una nel maggio del 1991, l’altra nel luglio 2004 – e un incendio lo scorso 24 gennaio, verranno finalmente chiuse le mansarde-tugurio di via Berthollet 8. Nel provvedimento si dispone “l’inagibilità e lo sgombero definitivo del piano soffitte” dello stabile di San Salvario. Uno dei luoghi da anni considerati tra i più disastrati del quartiere.
Nel 2004 c’era morta una ragazza clandestina, precipitata dal tetto mentre scappava da un controllo dei vigili. Il rogo dello scorso mese ha distrutto una soffitta e ne ha danneggiate altre, col risultato che 22 persone, tra uomini donne e bambini sono stati mandati a dormire in albergo, a spese del comune.
Nelle soffitte di via Berthollet ci abitano in sovrannumero, e in condizioni di indigenza. Famiglie con bambini piccoli vivono in vani anche di 15 metri quadri, senza bagno né riscaldamento, e con allacci volanti all’elettricità nei corridoi. Pagano fino a 300 euro al mese, (c’è chi parla di cifre superiori) senza contratti d’affitto regolari e anzi, spesso in subaffitto. La delibera di Chiamparino stabilisce ora in via definitiva la non abitabilità di questi spazi. Non potranno essere mai più destinati alla residenza, nemmeno se ristrutturati, e potranno essere impiegati solo come depositi. Inoltre, toccherà ai proprietari pagare i lavori di “messa in sicurezza”, dai teli di copertura del tetto ai ponteggi per la ristrutturazione.
Perchè ci sono voluti tutti questi anni per mettere fine a un problema sotto il naso di tutti? Per don Piero Gallo, parroco di SS. Pietro e Paolo a San Salvario è una bella domanda. A cui egli non sa dare risposta. “Non lo capisco. Sono molto contento per questo provvedimento. E dei lavori di ristrutturazione che sono in corso, ad esempio in via Nizza. Ma ci sono stabili in simili condizioni da ancora più tempo di quello di via Berthollet”.
Racconta di aver più volte nel corso degli anni segnalato un edificio in via Saluzzo, vicino all’oratorio della parrocchia che cade a pezzi, senza ottenere risposta. “Abbiamo anche fatto denuncia, ma non so dove sia andata a finire. Ogni volta sembra che il proprietario debba essere sanzionato, ma poi riesce sempre a cavarsela”.
Don Gallo è a San Salvario da 18 anni. Ha scritto un libro – San Salvario, un pezzo d’Africa -, è stato tra i fondatori dell’associazione Baretti e da anni è uno dei più attivi promotori di attività e iniziative di integrazioni nel quartiere. Nel tempo ha visto migliorare le cose, anche perchè l’area pur avendo una notevole concentrazione di stranieri (il 30 per cento, contro il 10-15 degli altri quartieri), è anche tra le più avanzate per il livello culturale dei suoi abitanti italiani. “Qui ci vivono almeno 150 ingegneri, poi ci sono professori universitari, insegnanti, giornalisti. Fioriscono le attività che coinvolgono gli stranieri, nelle scuole e grazie alle associazioni. Così ci sono molti meno problemi di convivenza rispetto, ad esempio, alla Barriera Milano”.
“Sui 3000-3500 stranieri che vivono nella zona di San Salvario – dice don Gallo – sono una minoranza quelli che vivono in condizioni simili alle soffitte di via Berthollet. I numeri civici degli stabili in quello stato sono non più di 10 o 12″. Non molti sul piano quantitativo, spiega il parroco, ma pur sempre una realtà importante se si considera lo stato di sofferenza in cui versano le persone che ci abitano.