Si può stare a guardare, e c’è da divertirsi. Ma si può anche partecipare, e diventare parte dello spettacolo. Il Festival Internazionale del Teatro di Strada torna con oltre 100 giocolieri, acrobati, trampolieri, circensi e clown d’ogni sorta per le vie di Torino. Arrivati da tutto il mondo per l’undicesima edizione della manifestazione, al via oggi all’insegna della filosofia di sempre: non essere solo vetrina, ma rendere i cittadini protagonisti. Artisti anche loro per un giorno, grazie ai laboratori con star da tutto il mondo che accompagnano la settimana di eventi e ai progetti di solidarietà, che quest’anno faranno partire una carovana di sorrisi da regalare alle popolazioni emiliane colpite dal terremoto.
La parata
La principale novità del Festival edizione 2012 è la grande parata che attraverserà il centro di Torino nel pomeriggio di mercoledì 21 giugno: da piazza Statuto, il corteo più pazzo che si possa immaginare sfilerà per via Garibaldi e arriverà in piazza Castello, dove sarà offerto a torinesi e turisti un grande spettacolo, inserito nel calendario di eventi per Torino Young City. La Parata è organizzata in collaborazione con Festa della Musica, a cura dell’associazione Mercanti di Note, con incursioni artistico-musicali serali nell’area del Quadrilatero.
Laboratori
Oltre agli incontri di perfezionamento rivolti agli artisti, tutti possono prepararsi alla parata iscrivendosi ai laboratori creativi. Genitori, nonni e bimbi possono imparare a fare bolle di sapone giganti, ai ciclisti più estrosi sarà insegnata la fabbircazione di una «bici pazza», e con i corsi accelerati di hula-hop si farà un salto indietro negli Anni 50. Infine, un laboratorio per la preparazione di costumi con cui sfilare.
Gran galà
Largo Saluzzo si trasformerà sabato sera in un teatro a cielo aperto, con lo show di una selezione di artisti arrivati a Torino «da tutte le strade del mondo e della vita». Presenta Marco Maccarini, volto televisivo torinese doc: per lui è un ritorno in quelle strade in cui a 16 anni si improvvisava musicante di strada, quando – come scrivono ironici gli organizzatori dell’associazione Just for Joy – lui era già Marco Maccarini: ma lo sapevano solo lui, i suoi amici e i vigili urbani.
Un sorriso per l’Emilia
Quest’anno il Festival non si concluderà a Torino, ma continuerà con una carovana in Emilia, che partirà la sera del 24, per una settimana di spettacoli itineranti. Coordinata dal torinese Clown Dado, conosciuto per altre iniziative sociali, dal progetto Il Muretto al lavoro con Miloud e i ragazzi di Bucarest, sarà realizzato con gli Artisti Aquilani – con cui il Festival collabora dai tempi del terremoto in Abruzzo – con associazioni artistiche locali emiliane e con l’Arci.
Informazioni e programma: www.justforjoy.it
di Paola Italiano, La Stampa (18/06/2012)
In riva al Po un’umanità in continua trasformazione: prima corridori e canottieri, poi i ragazzi sugli skateboard, poi la gente dei locali. «E una volta c’erano solo i pusher»
Giovedì 14 giugno, ore 20. Parco del Valentino, all’altezza dell’arco. La prima mossa è un attraversamento: superiamo il ponte Umberto I e raggiungiamo la sponda opposta. L’espressione più di moda (e intollerabile) del momento è ‘tanta roba’, ma qui vale la pena usarla. Nell’area che si stende davanti ai nostri occhi sono presenti: alberi, prati, giardini, ruscelli, l’orto botanico, il giardino roccioso, il giardino di rose, il Castello del Valentino, il Castello (e il Borgo) Medioevale, la Fontana dei Dodici Mesi, la Promotrice, Torino Esposizioni, il Villino Caprifoglio, il Teatro Nuovo, il Fluido, la Latteria Svizzera, lo Chalet, l’Imbarchino, il Perosino, l’Idrovolante, il Cacao, La Playa, lo Chalet, il Life, il Club 84, due circoli canottieri (l’Armida e il Cerea) e il Club di Scherma. Tanta roba.
20,28. La seconda mossa è uno sconfinamento. Passando sotto il ponte Isabella si sbuca davanti alla visione più surreale della città: il sommergibile Provana. Entrato in servizio nel 1918, venne messo in disarmo pochi anni dopo e portato a Torino per l’esposizione mondiale del ‘28. Nel 1933 fu acquistato dall’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Torino e da allora riposa qui. Cerchiamo un marinaio, ma a quest’ora non ce ne sono. Sulla torretta del sommergibile uno striscione recita: “Solidarietà ai nostri Marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone”. Il cielo è plumbeo, minaccioso.
20,59. La terza mossa è un inventario visivo. Un istruttore di canottaggio sul tipico barchino – stretto e appuntito come una matita – dà istruzioni a due canoisti, un uomo in giacca e cravatta pedala su una minuscola bici pieghevole ma con un sellino altissimo, tre ragazzini in roller si esercitano in uno slalom tra i birilli, un tizio con delle cuffie enormi sfreccia cantando a squarciagola “We will rock you”; ci sono podisti, ciclisti (noi due, per esempio), coppiette, skaters, mamme con carrozzine, ragazzi in rollers, gente con cani, suonatori di bonghi, un uomo in Segway. Da un punto indefinibile arriva il rullare di una batteria.
21,30. Tra i tanti locali della zona uno solo è direttamente sull’acqua: la barca Genna, dove è in corso una festa privata (qui lo striscione sulla fiancata recita: “Auguri a Ceci per i suoi 18 anni”). Il proprietario è Angelo, 66 anni e due occhi limpidissimi. “La Genna era un guardiacoste della Finanza. Io commerciavo in barche e nell’83 ho avuto questa idea strana, di prenderla e farci un ristorante sul Po. L’ho fatta portare qui via strada, da Genova, poi ho costruito il ristorante sullo scafo e nell’86 l’ho messa in acqua. Credo di aver fatto le cose per bene, perché nessuna inondazione l’ha mai portata via, neppure quella del duemila, quando qui l’acqua si è alzata di 7 metri.” “E ora?” “Ora è in vendita. Sono invecchiato, il sogno l’ho realizzato. Passo il testimone.”
22,46. A cento metri dal ponte Isabella un cippo tra gli alberi ricorda l’avvio del primo servizio aereo di trasporto passeggeri, nel 1926. A effettuarlo era l’idrovolante Can 10 bis, che decollava e ammarava nel tratto a valle del ponte. Da un anno il vecchio imbarcadero è gestito da Alfonso, una vita nei locali (dal Volumnia al Pier, dal Jammin’ al Dual, giusto per citarne alcuni). “Il Valentino è un posto di una bellezza sconvolgente, – dice – ma forse si potrebbe fare qualcosa di più. Ad esempio: perché non fare qui un mercatino settimanale, magari quelli dell’antiquariato o del vintage? Invece di andare a bloccare piazze o portici, qui ci sarebbe tutto lo spazio senza dare fastidio a nessuno. E poi va bene le canoe, ma se potessi mettere in acqua una ventina di gozzetti a remi, sono sicuro che la riposta del pubblico sarebbe immediata.”
23,25. In viale Virgilio, all’altezza della sede della Polizia a cavallo, ci sono Christian e Simone, 25 e 29 anni. Vengono qui dopo il lavoro almeno un paio di volte alla settimana, con le loro tavole longboard (guai a chiamarli skate): Christian fa ‘dancing’ e ci dà un saggio della sua abilità, mentre Simone si dedica al ‘freeride’. “Il Valentino per noi riders è uno spot, ovvero un buon luogo dove esercitarti, visto che ci sono varie pendenze.” “Finiamo di lavorare e la sera ci troviamo qui, fa fresco e non impazzisci con il caschetto in testa. In genere arriviamo verso le sette e mezza e rimaniamo fino a mezzanotte. Incontriamo altri appassionati come noi, anzi a dirla tutta anche noi due ci siamo conosciuti qui.”
24,13. Nell’area del parco i chioschi sono sei. In quello vicino allo Chalet proviamo a parlare con le due addette, ma non vogliono essere intervistate né fotografate (“Ehi, mi vuoi far licenziare?”). Alla fine appuriamo che: a) una delle due è qui da otto anni, tutte le notti; e b) il loro panino salsiccia e scamorza è notevole. Un ragazzo in Vespa entra dal varco delle bici, eludendo le telecamere. Passano decine di persone: a occhio e croce sembra che la moda femminile dell’estate siano gli short.
1,47. Il pratone ad angolo tra corso Massimo e corso Vittorio è affollatissimo: molti bevono, cantano, qualcuno sta suonando una taranta. Davanti al Fluido ci sono una quarantina di persone, nell’aria Surfin’ Bird dei Ramones. Max, 25 anni, uno dei soci, è qui da sette anni: “Li festeggiamo proprio domenica 17, con due concerti live, dj set, aperitivo e barbecue”. “Com’è cambiato il parco in questi anni? Beh, senza presunzione, qui noi abbiamo fatto molto. Allora c’erano solo pusher, adesso è super tranquillo. I miei soci arrivano dal Km 5, al Quadrilatero, e sono andati via perché c’era la voglia di avere uno spazio dove non dai fastidio a nessuno. Qui abbiamo l’aula studio per gli studenti, il wi-fi, prezzi onesti e tantissime iniziative, questa è la mossa vincente.”
2.13 Ennesimo giro in sella. Dal Club 84 arriva musica sudamericana, il Life è chiuso, alla Playa (ex Rotonda) c’è un via vai notevole. Decidiamo di andare al Perosino – prima abbiamo registrato che è aperto – per chiedere come si sono risollevati dopo l’incendio del dicembre scorso, ma quando arriviamo è chiuso. Molta gente invece staziona davanti all’Imbarchino. C’è parecchio tarassaco tra l’erba, a saperlo distinguere.
3.25. Alessandro, 34 anni, è uno dei soci del Cacao, una delle discoteche a cielo aperto più grandi della città. “La capienza è di duemila persone – spiega – tanto che devo pagare i vigili del fuoco fissi per ogni serata.” Il locale è strapieno e malgrado la bolgia c’è un clima disteso, di festa. “L’illusione di questo locale è che sei nel centro di Torino, ma sembra di essere in vacanza, sembra di essere al mare”. È vero.
4.28. Il chiosco Santa Rosalia, davanti al Castello del Valentino, è un’istituzione. Hassan ha 44 anni ed è qui da 15. Il suo orario è dalle otto di sera alle otto del mattino, sette giorni su sette, tranne il mese di ferie in cui torna in Marocco. “A una certa ora arrivano tutti qui: perché qui è tutto pulito, tutto in ordine. Perché il mio kebab è il migliore, prodotto di qualità, roba fresca. Perché qui c’è Hassan, e Hassan è Hassan, number one.” Marcolino, 28 anni, maglietta di Italia Independent con Napoleone in wayfarer azzurri, si inserisce nella conversazione: si presenta come nottambulo e ci fa la lista dei posti di moda in questo momento, parla a raffica, mostra foto, cerca sempre conferme dal suo cellulare. Ma anche Hassan torna alla carica: “Come è cambiato il Valentino in questi anni? A me sembra più pulito. E anche la gente è più pulita. Perciò meglio, no?”
5.19. In giro ci siamo solo noi e un gruppetto che canta intorno a una chitarra, all’altezza dell’Imbarchino, qualcosa di cui trattengo il suono ma non il senso. Il Castello del Valentino illuminato ricorda uno di quei maestosi castelli francesi costruiti sulle rive della Senna o dell’Oise. Il 52 attraversa il ponte Umberto I. Cinguetti, trilli e strida si rincorrono, come all’interno di una gigantesca voliera, mentre a est, dietro i Cappuccini, il cielo schiarisce con screziature grigio-rossastre. Cerchiamo di intercettare un pescatore, un proprietario di cane, un uomo che fa jogging, ma non c’è niente da fare. E così di questa notte rimane in testa soprattutto Angelo, che ha portato un barcone enorme da Genova a Torino per farci un ristorante sul Po. Sembra Fitzcarraldo questa storia.
di Enrico Remmert, La Stampa (17/06/2012) + Fotogallery