In 15 “campavano” con il gioco truccato delle tre campanelle


Nessuno vinceva alle tre campanelle. La truffa, in fondo, era tutta qui. Il raggiro era orchestrato da un gruppo affiatato di vecchi e giovani «compari», che attiravano i giocatori da spennare inscenando false vincite. Così, quando lo scommettitore adescato in strada puntava sulla campanella giusta, veniva distratto e gabbato.

In quindici sono finiti alla sbarra, incastrati dalle immagini registrate attorno alla stazione Porta Nuova dai carabinieri della compagnia San Carlo, durante tre mesi d’indagine. Tutti condannati con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Il tribunale di Torino ha inflitto ieri pene che vanno da tre anni e tre mesi ad un anno e mezzo. Una sentenza pilota. Perché è stata riconosciuta la struttura associativa dei truffatori, affermata con tenacia dal pm Alessandro Sutera Sardo, che ha coordinato l’inchiesta. Nei banchetti allestiti nei paraggi della stazione non si giocava d’azzardo illegalmente con le tre campanelle, né si facevano numeri di abilità. Si truffa sistematicamente la gente.

Ieri è stato processato un periodo della storia torinese. I fatti contestati nel processo risalgono all’ottobre del 2010. Ma il gioco delle campanelle era una delle «attrattive» del vecchio sottopassaggio di piazza Carlo Felice, quando ancora non esisteva la metropolitana.

Tra gli imputati i componenti di un’intera famiglia: i Federico, originari di Crotone. Secondo gli investigatori, specialisti nell’accalappiare i giocatori, a promuovere i raggiri, e a tenere il gioco. Soprattutto attori navigati, nella parte dei finti vincitori, per attirare le puntate dei passanti. Affari d’oro per tutti. L’incasso dell’organizzazione – avevano stabilito le indagini – si aggirava intorno ai 3.000 euro al giorno. E chi osava protestare veniva allontanato in malo modo da un «buttafuori» romeno.



di Massimiliano Peggio, La Stampa (09/06/2012)

Valdese: L’assessore regionale Monferino spiega la nuova sanità




[fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][…] L’altro fronte torinese aperto è quello del Valdese. Un fronte trasversale che vede, in San Salvario, tutti uniti nel dire “no” alla chiusura. L’assessore Monferino è stato chiaro: “I 180 posti letto del Valdese ci servono come il pane come posti per la riabilitazione, visto che l’ospedale si trova a un chilometro dal Mauriziano e a un chilometro e 300 metri dalle Molinette. Due strutture che hanno un intaso in uscita dei pazienti che l’utilizzo del Valdese ci permetterebbe di contenere”. Il sindaco Fassino è convinto che la struttura rimarrà? “Ne abbiamo parlato, noi vogliamo mantenere gli ambulatori e la riabilitazione cardiologica, trasformeremo i ricoveri, mentre sulla senologia, importante, il nostro progetto è ambizioso. Integrare i tre reparti del Valdese, del Sant’Anna e delle Molinette in un’unica struttura di eccellenza da 1.600 operazioni all’anno, pari a quella che esiste a Milano. Struttura che troverebbe spazio alle Molinette”. […]


di Diego Longhin, Repubblica (08/06/2012) 


Tra ingenuità e impegno civico, marcia a San Salvario.





Questa sera (ieri per chi legge) si è tenuta la quarta marcia contro spaccio e prostituzione nella zona compresa tra Corso Bramante e Corso Raffaello, organizzata dal comitato Borgo San Salvario Parri.
A circa un’ora dall’inizio della manifestazione arriva sul luogo di partenza, Piazzetta Ferruccio Parri, uno dei promotori. Fuma il sigaro toscano, porta una giacca mimetica, ha due megafoni per arringare la folla. Inizialmente pare uno stroppio di zelo, ancora non si vede nessuno. Il nostro sta ritto in mezzo a Via Ilarione Petitti come se dovesse bloccare la città da solo, ma per ora tutto tace: dal Circolo Garibaldi qui di fronte non viene una voce; qualche passante si ferma a leggere un appello a manifestare contro il degrado del quartiere. Resta il borbottio della fontanella a fare da colonna sonora.
Lentamente si forma un manipolo di persone di mezz’età, una bambina ha portato un tamburello, un uomo un paio di cartelli. Sulla bocca hanno parole
come spaccio, paura, assenza delle istituzioni. Sono fiduciosi, non è la prima volta che lo fanno.
Si muovono alle dieci meno venti, tra i sorrisi sarcastici di alcuni uomini delle forze dell’ordine schierate, un’ispettrice ridacchia al telefono, mentre un suo collega lamenta il fatto di dover passare la sera qui e non alla recita della figlia. Il promotore in mimetica regge insieme al compagno lo striscione “basta spaccio e prostituzione”, dietro al quale procede ordinata la marcia, composta da circa cinquanta persone. Usano fischietti e sonagli, megafoni, invitano la gente che li guarda perplessa dai balconi a scendere e a manifestare con loro. I manifestanti smentiranno le accuse, ma una ragazza affacciata dal balcone sostiene che non siano questi i problemi reali e bolla l’iniziativa come venata di razzismo. All’altezza dell’incrocio tra Corso Massimo e Corso Dante, una delle partecipanti schernisce una prostituta di passaggio. Il corteo si sposta lentamente, giunge al civico 14 di Via Giotto, dai cui balconi i manifestanti hanno già ricevuto generose secchiate d’acqua. Le voci dai megafoni si intensificano quando si arriva in Via Ormea ad un isolato da Corso Bramante, i cui palazzi è risaputo ospitino diverse mestieranti. Poco più avanti, seduta sui gradini di un pub, proviamo a parlare con una ragazza slava che ci allontana malamente pur riconoscendo ai manifestanti i loro diritti.
La manifestazione termina laddove era partita. Qui scambiamo due parole con l’organizzatore in mimetica (non vuole rivelarci il suo nome), che ci illustra la volontà da parte del comitato di installare delle telecamere fisse nei punti nevralgici dello spaccio e della prostituzione, in mano rispettivamente a mafia nigeriana e locale. Il promotore sottolinea con energia come il movimento non debba e non voglia, per il momento, connotarsi politicamente, nel frattempo lunedì saranno ricevuti in circoscrizione per discutere le loro istanze. Istanze che secondo Maurizio Marrone, consigliere comunale del PdL presente sul luogo non in veste politica ma a titolo di residente in zona, sarebbe più opportuno portare davanti al Prefetto con la mediazione del Comune. Raccogliendo infatti appena centocinquanta firme i manifestanti otterrebbero il diritto di tribuna, che garantisce la possibilità di essere ascoltati dal Presidente del Consiglio Comunale: secondo Marrone infatti la circoscrizione è inadeguata in quanto dotata di poteri minimi.
Il gruppo si scioglie a seguito di un breve dibattito e si dà appuntamento a mercoledì prossimo. Un’ora più tardi il primo spacciatore ricompare tra Via Petitti e Via Ormea.



di  Matteo Fontanone e Jacopo Calzi, Retro Online (fine maggio/inizio giugno)


Piovono banconote in strada, mezzo miracolo a S. Salvario


Volano biglietti da cinque, da dieci, da venti. Ma anche tanti da cinquanta. Decine di banconote piovono dal cielo, la voce si sparge, la folla si accalca, cerca di accaparrarsi i pezzi migliori. Pezzettini, in realtà, da ricomporre come in un un puzzle. Perché la benefattrice che ieri pomeriggio ha fatto gridare al miracolo in San Salvario, prima di lanciarlo, ha ridotto il denaro in coriandoli.
Sono da poco passate le 18.30, quando una donna si affaccia dalla finestra di un hotel e attira l’attenzione dei passanti urlando qualcosa che nessuno comprende. Loro guardano in su, lei infila le mani in un sacchetto e dal cielo cominciano a cadere tanti piccoli triangolini colorati che prima ha ritagliato con cura. Lì vicino ci sono diversi bar, e chi fa in tempo corre sotto l’insegna dell’albergo. Un attimo di stupore, il sospetto che si tratti di fac-simile. E invece no, sono soldi veri, con tanto di ologrammi, inchiostro cangiante e filigrana.



di Stefano Tamagnone, Torinocronaca (08/06/2012)

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