In giro per Torino ci sono un po’ di persone (io sono tra quelle) che hanno nostalgia del Pekoe di via Gaudenzio Ferrari. Era un locale dove, nella seconda metà degli anni 80, si bevevano tè e tisane d’ogni tipo.
Consiglio agli orfani del Pekoe di fare un salto al Teapot, che è una «tisaneria con cucina» in San Salvario, quasi di fronte all’Ospedale Valdese. È meno elegante del Pekoe, ma allegro, con le sedie di metallo dipinte a mano, le burníe di vetro con vari tipi di tè (la carta ne sfodera tra gli altri di bianchi, rossi, gialli, verdi, neri) su una parete e uno scaffale con teiere variopinte su un’altra. C’è una vecchia madia bianca dietro il bancone e (siamo nel 2013) il wifi gratuito. Non ci si va solo per il tè alle cinque del pomeriggio: apre alle 8 di mattina e la colazione è ricca di ogni ben di Dio.
Cappuccini al latte, alla soia, al riso, marocchini vegani (non ho capito bene di cosa si tratti), torte fatte in casa, muffin, pancake, cannoli oltre a uova strapazzate, tramezzini e panini. Ci si può anche pranzare: giovedì c’erano fra le proposte del giorno i capunet. Io ho fatto colazione con tè alla marocchina (lo so che è stucchevole per definizione, ma tutti abbiamo le nostre debolezze e poi qui non vanno pesanti con lo zucchero), spremuta di agrumi misti e un morbido muffin alla mela (9 euro in tutto). Siccome avevo già lenito la nostalgia per il Pekoe, ho rinunciato (ma voi non fate altrettanto) alle madeleine che sono la specialità della casa.
di Rocco Moliterni, La Stampa (25/11/2013)
Siamo nel cuore di San Salvario a due passi dalla Sinagoga e si scopre qui una delle più interessanti rivelazioni della nuova ristorazione torinese, il ristorante ebraico Alef.
La vera rivelazione però non sono pranzi e cene ma le colazioni dove ogni golosità e assolutamente priva di latte ovvero rigorosamente kasher. Un grande regalo della cultura ebraica che regala una naturale leggerezza di ingredienti, perfetta per cominciare la giornata.
Alcune delle parole chiave sono strudel di mele con pasta lievitata e ripieno di uvetta e cannella come si fa in Polonia; torta di miele (dolce tipico del capodanno ebraico); il «Farsburg» (un pasta lievitata ripiena di semi di papavero) e ancora le rose di pasta lievitata con crema alle mandorle e pere. Sono dolci – ci spiace per chi parte con il salato – che sanno sorprendere per consistenza e sapore.
Qui ogni piatto, ogni specialità viene offerta con l’orgoglio di che mette a disposizione un pezzo della sua cultura. Ogni sapore è un viaggio. Anche fermandosi soltanto al bancone, come può accadere con la colazione, si riceve in dono la spiegazione di ogni ricetta, il dettaglio di ogni ingrediente, la sua storia e il migliore abbinamento. Sono tanti i locali in città che fanno cultura del gusto e questo angolo di San Salvario – e dove poteva essere altrimenti – merita un posto con i migliori.
di Luca Ferrua, La Stampa (18/11/2013)