Siamo orgogliosi di poter ospitare sulle pagine di Sun Salvario Views i racconti di Milo Julini, scrittore torinese e profondo conoscitore di Borgo San Salvario. Partendo dalle cronache giudiziarie dell’epoca Milo Julini ricostruisce i fatti e le atmosfere di quei tempi lontani con accurata precisione.Ecco a voi il primo di una serie di racconti ambientati a San Salvario, buona lettura!

“La ladra di orecchini”

La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Nell’anno 1875, a Torino, dal mese di marzo si inizia a parlare di una misteriosa ladra che porta via gli orecchini dalle orecchie di bambine incontrate per strada. Sono furti di modesta entità, di esecuzione fin troppo facile e priva di rischi. Anche se all’epoca non ci si preoccupa troppo di eventuali traumi psicologici delle bambine derubate, il fatto solleva un certo rumore anche perché la ladra pare imprendibile.
Il suo modus operandi consiste nell’accattivarsi la simpatia delle bambine: comincia a salutarle, ad accarezzarle, a chiedere notizie di loro e della loro famiglia, per indurle a farsi accompagnare finché le pare il momento buono per fare il colpo. Allora promette giocattoli e dolci, se la seguono a casa sua. Con questa scusa riesce facilmente ad attirare qualche bambina su per le scale di qualche caseggiato e qui toglie loro abilmente gli orecchini, le saluta e, lesta lesta, fila via lasciando la poverina fra lo stupore e il pianto.
In questo modo vengono rubati gli orecchini a sei ragazzine: il 21 marzo 1875 a Pia Bianco, che stava giocando nei giardini La Marmora, il 22 marzo a Maria Costa e ad Emma Gabetti, in via Roma, il 27 marzo a Giovanna Negro ed a Caterina Peroglio, il 22 aprile a Teresa Lovera.
Sono furti di modesta entità, come già detto, perche il valore degli orecchini rubati oscilla fra sette e nove lire al paio.
L’ultima impresa della ladra di orecchini avviene proprio nel Borgo San Salvario, dove lei abita.
Il 31 agosto le due sorelline Gemma, di nove anni e Beatrice, di otto, figlie del signor Lotti, un toscano esercente la Trattoria della Perla in via dei Fiori (oggi via Belfiore) al n. 4, tornano a casa da scuola con la medaglia premio appuntata sul petto.
La mamma fa loro i complimenti, le bacia con affetto e, come premio, le fa vestire da festa per mandarle a fare una commissione alla Trattoria del Viaggiatore. Le bambine insistono per sostituire gli ordinari orecchini con quelli più eleganti, regalati da una zia e la mamma, dopo un iniziale diniego, acconsente.
Le due bambine, aiutate dalla mamma, si vestono in fretta, si infilano gli orecchini desiderati ed escono insieme. Fanno la commissione alla Trattoria del Viaggiatore, poi si dirigono verso casa.
Dopo pochi passi incontrano una giovane donna sui diciott’anni, di media statura, bruna, pallida, con un abito a quadretti bianco-scuri e un cappellino di paglia color cenere.
Ecco il dialogo con le bambine, nella ricostruzione del cronista giudiziario:
– «Ehi! Care le mie fanciulline, dice la sconosciuta, avete la medaglia, siete buone, vi piacciono i confetti?».
– «Signora sì, dicono in coro Emma e Bice, ma noi non abbiamo il piacere di conoscerla».
– «Vi conosco ben io; prendete questi confetti per intanto… anzi mi ricordo… ho alcuni giocattoli da darvi: vorreste venire a casa mia a prenderli?».
– «Oh… troppa bontà! Se non la disturba…».
E così le sorelline, rassicurate dal modo deciso con cui la signora parlava, la seguono fino al n. 21 di via Nizza: mentre camminano per strada, il terzetto formato dalle due fanciulle e dalla sconosciuta viene notato e osservato con attenzione da Defendente Cuminetti, solerte guardia municipale.
Appena le tre hanno salito le prime due rampe di scala di quella casa, la sconosciuta, come se si fosse ricordata di qualcosa, si blocca ed esclama:
– «Oh! Che orecchini belli avete! Oh come mi piacciono! È il vero modello che vorrei scegliere per comprarmene un paio anche per me: lasciatemeli vedere e prendere in mano».
«Ahi! Mi fa male, protesta invano una delle sorelline, non me li tolga… li può ben guardare
ugualmente».
– «È vero…, ma visto che devo ripassare dal farmacista lì vicino sull’angolo a prendere i giocattoli che tengo per voi…».
– «Ma non li ha qui in casa sua?… ».
– «Mi ero dimenticata… Sono ancora dal farmacista, che ha il negozio vicino all’orefice: intanto compro gli orecchini e ve li riporto subito coi giocattoli per voi… Aspettatemi…».
Così dicendo, la donna toglie gli orecchini alle due bambine che aspettano sulla scala per un bel pezzo il ritorno della loro benefattrice. Poi, ormai insospettite e timorose di essere state vittime di qualche brutto tiro, vanno nella bottega del farmacista per cercare la signora e i giocattoli.
– «Che giocattoli! Che donna! Che orecchini! Qui c’è nessuno, qui c’è niente… andatevene pure per i fatti vostri. Che Dio vi benedica!» così si sentono rispondere in farmacia.
Povere bambine! La gioia della medaglia è stata rattristata dal dolore per la perdita degli orecchini!
Devono imparare troppo presto, commenta il cronista giudiziario, che a questo mondo il piacere è sempre accompagnato dal dolore e che non bisogna fidarsi degli uomini… e nemmeno delle donne!
Addolorate e piangenti, le bambine se ne vanno per via Nizza, dirette a casa loro: incontrano la guardia Cuminetti e gli raccontano tutto. Cuminetti le accompagna a casa e, il giorno dopo, il padre va a fare la denuncia.
Intanto Cuminetti, convinto di avere visto la ladra, rimugina fra sé: «Questa volta l’ho adocchiata bene… è lei, è lei l’autrice di tutti questi furti d’orecchini! Se un’altra volta mi viene davanti, non mi scappa più».
Passano sette giorni ed ecco che in via Nizza compare la giovane donna, in compagnia di un giovanotto: la coppia passa tranquillamente davanti a due guardie municipali.
Ma una delle due guardie è il nostro Cuminetti che riconosce la donna e si mette a seguirla col suo collega, Michele Villata.
Il giovanotto lascia la donna nei pressi della Scuola di Veterinaria (al n. 52 di via Nizza di fianco alla chiesa del Sacro Cuore) e lei entra nella porta n. 97.
Di fronte alla Scuola Veterinaria e alla chiesa del Sacro Cuore (la Pertusa) si trova una fila compatta di case: non sono quelle attuali, perché costituiscono un unico blocco, non ancora attraversato dall’attuale via Petrarca.
Allora Villata rimane di guardia alla porta per impedire alla sconosciuta di uscire mentre Cuminetti va a prendere le due figlie di Lotti per vedere se la riconoscevano.
Le fanciulle sono ben liete di questo informale confronto. Nella casa del n. 97, in una soffitta, trovano una giovane donna che subito riconoscono come quella stessa che le ha derubate degli orecchini.
La donna è arrestata e, il 9 settembre 1875, i giornali possono annunciare con soddisfazione la cattura di Maria Teresa Massara, di diciotto anni, nata e residente a Torino, sarta da uomo e moglie, in terze nozze, del vivente Carlo Reynard. Anche se la Polizia dà buone informazioni sul suo conto, la Massara è già stata condannata a un mese di carcere, per furto di un lenzuolo, dalla Pretura urbana con sentenza dell’8 gennaio 1875.
E, guarda la combinazione, all’8 gennaio 1876 Maria Teresa Massara ‘festeggia’ l’anniversario della prima condanna davanti al Tribunale, accusata di tutti i furti di orecchini prima descritti: in carcere, è stata riconosciuta anche da altre bambine derubate.
E, in Tribunale quasi tutte queste bambine confermano di riconoscerla dicendo in coro: «è lei… è lei che ci ha preso gli orecchini!».
Come si difenda Maria Teresa Massara, il cronista non lo dice; forse invoca una “forza irresistibile” che la spingeva ad appropriarsi degli orecchini delle bambine. Ma al tempo i giudici sono poco inclini alle spiegazioni psicologiche.
Le testimonianze delle due Guardie, dei genitori delle otto bambine derubate, i loro racconti chiari, precisi e concordi del modus operandi di Maria Teresa Massara, non lasciano scampo all’accusata. Il Tribunale la dichiara colpevole e la condanna ad un anno di carcere dal giorno dell’arresto, all’indennità e alle spese processuali.

 

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