Dopo una strenua battaglia – cominciata oltre un anno fa – i residenti dell’area ex Isvor hanno perso il ricorso al Tar. E così, tempo una, due settimane, nel quadrilatero compreso fra corso Massimo d’Azeglio, via Monti e via Marenco cominceranno lentamente, ma inesorabilmente, a crescere i mattoni. «Un orrore» secondo i residenti, abituati ad avere la vista sul Valentino, o al massimo su deliziose villette primo Novecento, «un’autentica cittadella che darà una bella marcia in più al quartiere» secondo il progettista Alberto Rolla.
Per capire come cambierà il quartiere bisogna (come sempre) partire dai numeri. L’area misura 31 mila metri quadri, si costruiranno 216 alloggi, 37 uffici (o negozi), e 442 posti auto in una autorimessa sotterranea. Fin qui, l’aspetto privato dell’insediamento. «Ma c’è anche molto di pubblico – spiega Rolla srotolando la piantina della piazza pubblica e di un altro parcheggio». In effetti, le opere di urbanizzazione a carico della proprietà sono parecchie. Si parte da un cuore urbano aperto a tutti, la piazza, appunto (3.600 metri quadri), e si arriva al parcheggio pubblico (6.750 metri quadri e 160 posti auto). «Poi si rimetteranno a nuovo i marciapiedi di corso Massimo d’Azeglio, corso Dante, via Marenco e via Monti. Il tutto per un totale di 2.300 metri quadri. Ma agli abitanti tutto questo non basta e oggi scenderanno sul piede di guerra ritrovandosi in assemblea: «Non ci fermeremo certo davanti a un giudizio del Tar – anticipano -, noi vogliamo portare Chiamparino alla Corte dei Conti».
Insomma, nonostante gli sforzi dell’ex assessore all’Urbanistica Viano e dell’attuale Curti, di «rimodellare le cubature in modo che risultino il meno invasive possibile», i residenti continuano a mettere in lavatrice i loro stendardi con su scritto «Salviamo Borgo Valentino» dando una rinfrescata al loro rancore. «Più di così non possiamo davvero fare nulla – spiega ancora Rolla, che è autore di parecchie opere pubbliche a Torino, e non certo caratterizzate dall’antiestetica, vedasi il nuovo stadio della Juve -, abbiamo rimodellato al massimo gli insediamenti, addolcito le asperità, veda per esempio quanto abbiamo abbassato le altezze su via Monti, di 4 o 5 piani. O veda ancora l’intervento all’angolo fra corso Dante e via Marenco com’è modulato con garbo, con i balconi ricurvi in acciaio e vetro, un’architettura che richiama il tratto vincolato dalla Soprintendenza». Poi sospira: «Si vede che non c’è grande operazione urbanistica senza il suo comitato, ma le ruspe arriveranno ormai di sicuro, perché il Tar, in merito al ricorso del 10 dicembre scorso, ha dato ragione al Comune». I lavori cominceranno nella prima settimana di ottobre e finiranno nel giro di tre, quattro anni, anche perché si tratta di una vera cittadella che non si può certo tirare su in qualche mese.
«Occorre ragionare su una città più densamente abitata. Le aree industriali dismesse vanno usate in questo senso: senza una domanda di servizi più concentrata non saremo più in grado di reggere il livello di intervento pubblico richiesto» disse, qualche mese fa, l’ex assessore Viano durante un’accesissima commissione alla circoscrizione 8. «Bisogna guardare in modo più disincantato alla realtà», era stata la dura replica di Viano alle proteste dei residenti contro la «cementificazione selvaggia».
Ma la replica di chi voleva tutelare gli interessi di chi abita da quelle parti fu altrettanto dura: «Dubito che non si possa intervenire sugli indici di edificabilità – disse la coordinatrice all’urbanistica della 8, Carolina De Donato -. Alcuni aspetti del Piano Regolatore sono da ripensare, perché stabiliti in passato in circostanze diverse. Non possiamo rinunciare a pensare al futuro perché mancano i soldi».
Ormai, purtroppo per i comitati, il tempo dei ripensamenti pare terminato. Anche se loro già promettono di fare ricorso al Consiglio di Stato.
di Emanuela Minucci, La Stampa (14/09/2011)