E’ iniziata male la Giornata Mondiale dell’Ambiente a Torino, istituita dall’ONU per il 5 giugno, dal 1972. E’ iniziata in maniera brutale e poliziesca con un blitz alla fabbrica ex-Diatto di via Frejus alle 6 del mattino. Centinaia di poliziotti hanno circondato la fabbrica, occupata da un comitato di cittadini mesi fa. Il comitato si opponeva all’ennesima speculazione edilizia, al consumo di suolo, alla svendita degli spazi pubblici (nella fabbrica c’erano uffici pubblici e una biblioteca). La fabbrica è stata subito attaccata dalle ruspe che hanno iniziato la demolizione dei manufatti più antichi, in fretta e furia. Ma la speculazione a Torino sta raggiungendo livelli ingestibili, un ultimo caso è quello dell’ex fabbrica Fiat di corso Dante, dove si stanno costruendo centinaia di alloggi e dove cinque giorni fa gli operai sono saliti su una gru per protestare. Non vengono pagati da mesi, e l’impresa che costruisce i nuovi alloggi (la maggior parte invenduti) rischia di fallire. Un altro capitolo di questa giornata triste si è svolta invece in Comune dove si è presentato il comitato “Salviamo corso Marconi” in occasione del Diritto di Tribuna, ovvero un’audizione con le commissioni comunali. Questo comitato è composto da cittadini che si oppongono alla distruzione del viale alberato storico di San Salvario per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo privato. Questo parcheggio porterà all’abbattimento di più di 50 alberi, alcuni secolari, oltreché a molti disagi per i residenti e per i bambini della scuola elementare adiacente. Il Comune però, nonostante le oltre 3000 firme raccolte contro il progetto, ha rispedito al mittente le obiezioni sollevate: dite pure quello che volete, ma a noi non ce ne frega nulla. Rivolgetevi al TAR.

Due episodi, quello della fabbrica ex-Diatto e quello di corso Marconi che, proprio durante la Giornata Mondiale dell’Ambiente, fanno male. Innanzitutto perchè portano alla distruzione del patrimonio ambientale ed architettonico della città, con metodi violenti ed arroganti. E poi perché sviliscono i cittadini che partecipano attivamente alla vita della città, che se ne sentono parte e che quotidianamente si danno da fare per renderla migliore.

Rimandiamo ad una riflessione di Wu Ming, uscita il 4 giugno 2013 su Internazionale, a proposito dei fatti di Gezi Park a Istanbul e che purtroppo è adatta a questa triste Giornata Torinese dell’Ambiente Negato:

< Occupy Gezi, infatti, non è soltanto una battaglia ecologista, ma non è nemmeno una battaglia simbolica. Piuttosto, è l’ennesima dimostrazione di quanto siano sentite, oggi, in tutto il mondo, le lotte per quello che Henri Lefebvre ha definito il diritto alla città, ovvero il diritto a “cambiare noi stessi cambiando l’aspetto delle nostre metropoli”. Il diritto a partecipare ai processi di urbanizzazione e a non farsi strappare dagli speculatori il valore di un quartiere, di una piazza, di un parco. Quel valore, infatti, è il risultato di un lavoro collettivo, delle attività e delle relazioni sociali prodotte da chi vive un determinato spazio. Eppure viene mercificato e venduto – tot euro al metro quadro – proprio da chi intende stravolgere quello spazio senza nemmeno confrontarsi con la comunità che ha contribuito a dargli forma. Una dinamica di sfruttamento che non è tipica soltanto dei contesti urbani: più in generale, si potrebbe parlare di diritto al paesaggio. [fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][…] Ciò che sorprende, piuttosto, è che quando il diritto al paesaggio viene reclamato in Italia, invece di accogliere la protesta come una risorsa e uno stimolo, si preferisce rispondere con le parole di Erdoğan a proposito del nuovo, contestato, ponte sul Bosforo: “Possono fare quello che vogliono”, ha detto. “Noi abbiamo preso la nostra decisione e faremo come abbiamo deciso”. >

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